La Nuova Sardegna

Spano, un apripista degli studi sulla limba

di Paolo Pulina
Spano, un apripista degli studi sulla limba

Da venerdì 29 novembre in edicola il settimo volume della collana “Storia di Sardegna” dedicato allo studioso della cultura dell’isola

28 novembre 2019
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Il canonico Giovanni Spano, con una inesausta azione culturale, ha evitato che in Sardegna cadesse l’oblio sia sulle ricchezze immateriali del popolo sardo – costituite dai tratti linguistici autoctoni e dalle testimonianze, affidate alla poesia e ai proverbi, della sua “sapienza” – sia sulle emergenze archeologiche, a partire dai poco esplorati nuraghi, monumenti esclusivi dell’isola. Quindi è giusto considerare Spano un “eroe della lessicografia sarda” (date le difficoltà dell’indagine a metà dell’Ottocento su quelle che i suoi avversari bollavano come «inezie della lingua vernacola») e un pioniere degli scavi e degli studi archeologici.

PATRIAM DILEXIT. Rispetto all’opera complessiva di questo “gigante”, una responsabilità morale di valorizzazione speciale e permanente spetta, innanzitutto, ai suoi “compaesani” ploaghesi, sia quelli residenti sia quelli emigrati. «Il servire la propria patria non è dovere chimerico ma obbligo reale», era il motto di Spano; «patriam dilexit laboravit» (amò la patria, fu sempre operoso) recita l’epitaffio sulla tomba che, a Cagliari, nel cimitero di Bonaria, ne custodisce le spoglie. La patria per Spano è la Sardegna, ma prima di tutto è il paese natale, Ploaghe.

IL TESORO DEL CANONICO. Condividendo questa prospettiva storico-critica ma anche etica riguardo al paese natìo, da ploaghese emigrato, come responsabile cultura della F.A.S.I. (Federazione delle 70 Associazioni Sarde in Italia), nella ricorrenza del bicentenario della nascita, ho promosso incontri di studio su Spano nei Circoli di Roma, Torino, Milano, Livorno, Pavia, Bareggio-Cornaredo. In tutti i miei libri su Ploaghe ho riservato pagine all’eminente “compaesano”. Cito solo il mio saggio nel volume “Il tesoro del Canonico. Vita, opere e virtù di Giovanni Spano”, curato da me e da Salvatore Tola (Carlo Delfino, 2005). In questo contributo ho affrontato alcune questioni: Spano come bene, anzi come giacimento culturale, della cui ampiezza e profondità in Sardegna non si è adeguatamente consapevoli; doverosità della pubblicazione del suo carteggio e dell’edizione nazionale delle sue opere; necessità della valorizzazione della sua figura e della sua attività attraverso un parco letterario con un itinerario che faccia conoscere tre luoghi-base (la casa in cui è nato, auspicabilmente allestita come museo e come sede della biblioteca appartenuta a Spano; il cimitero “vecchio” con le scritte in logudorese da lui dettate per le lapidi; la pinacoteca, con la preziosa collezione dei dipinti da lui radunati); ipotesi di ridenominazione di Ploaghe come Ploaghe Spano sul modello di Arquà Petrarca, Castagneto Carducci, San Mauro Pascoli, ecc.

NUOVI STUDI. Rispetto a questo volume (che riporta i testi di 15 specialisti) sottolineo il fatto di essere riuscito a convincere a scrivere di Spano uno studioso non sardo, Angelo Stella (già ordinario di Storia della lingua italiana nell’Università di Pavia, attualmente presidente del Centro nazionale di studi manzoniani) che ha documentato i rapporti dello Spano con Francesco Cherubini, autore del “Dizionario milanese-italiano”. Cherubini studiò a fondo non solo il “Dizionariu sardu-italianu” del campidanese Vincenzo Porru ma anche la grammatica della lingua sarda logudorese apprestata dallo Spano con la sua “Ortographia sarda nationale”. L’occasione per stimolare un altro docente universitario (Gilles Bertrand, ordinario di storia moderna nell’ Università Grenoble Alpes) a investigare il mondo “spaniano” mi è stata offerta dai convegni (a La Ciotat/Marsiglia, Rivoli/Torino, Pavia) che, “Nel ricordo del giurista Domenico Alberto Azuni (Sassari, 1749 – Cagliari, 1827), a 270 anni dalla nascita”, ho curato per la F.A.S.I. per far conoscere gli autori sardi che hanno scritto sulla Francia e quelli francesi che hanno scritto sulla Sardegna.

CANZONI POPOLARI. Nel volume degli Atti, uscito da poco, i lettori italiani e francesi (il testo è nelle due lingue) trovano un saggio di Bertrand su “Auguste Boullier (1832-1898) e la Sardegna”. «Il rapporto di Boullier con la Sardegna (in cui trascorse alcuni mesi nel 1862) è stato quello di uno statistico, compilatore e studioso, che si è immerso nella storia dell’isola e delle sue canzoni popolari approfittando del contatto con i ricercatori sardi, in particolare Pietro Martini e Giovanni Spano». Le lettere – tuttora inedite – di Boullier a Spano Bertrand le ha potute conoscere grazie a Luciano Carta, curatore dell’Epistolario dello Spano, di cui è augurabile l’uscita dei volumi successivi al terzo. Bisogna però ricordare anche l’interesse dello scrittore “tutto sardo” Giulio Angioni (1939-2017) riguardo ai “Proverbj sardi” pazientemente raccolti dallo Spano. Nei due ponderosi volumi (oltre 1360 pagine edite nel 2005 da Sellerio) dal titolo “Le parole dei giorni”, che contengono più di cento scritti in onore di Nino Buttitta, c’è anche un ampio contributo di Giulio Angioni su “Giovanni Spano corrispondente sardo del siciliano Giuseppe Pitrè”.

AMATO DA ANGIONI. Ecco come Angioni spiega il ruolo di Spano (di cui Pitrè si dichiarava «allievo e ammiratore») ai possibili lettori di un’opera pubblicata da una casa editrice nazionale: «Spano è il fondatore degli studi linguistico-filologici sardi e di antichità sarde. È il poligrafo sardo più fecondo dell’Ottocento, dei più fecondi in assoluto. Le sue pubblicazioni, circa 400, trattano argomenti di tutto lo scibile umanistico o storico di allora. Si sentiva archeologo, intendendo per archeologia ciò che oggi diremmo storia e/o filologia». Angioni aveva già espresso l’ammirazione nei confronti di Spano anche in altra forma: il canonico ploaghese è un personaggio di uno dei racconti, “Scemà Israel”, della raccolta di Angioni intitolata “Millant’anni” (2002).

SEGNALI. Oggi, finalmente, appaiono dei segnali che Giocanni Spano comincia a essere valutato non solo una personalità scientifica a livello regionale sardo, ma anche a scala italiana ed europea (i suoi “corrispondenti” erano i più autorevoli studiosi in campo linguistico e archeologico della sua epoca, come bene documenta il suo carteggio). A scala nazionale vale anche il giudizio dello scrittore Sergio Atzeni: «Dalle “notizie” storiche pubblicate dall’illustre organizzatore e mediatore culturale ottocentesco, capace di poliedrica ispirazione e attività, si parte per andare avanti nella ricerca: archeologica, artistica, folklorica».



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