La Nuova Sardegna

Addio a Emanuele Severino, il filosofo dell’Essere

di Marisa Alagia
Addio a Emanuele Severino, il filosofo dell’Essere

Si è spento all’età di novant’anni, critico radicale del nichilismo e dello strapotere della Tecnica

22 gennaio 2020
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ROMA. «Avvicinarsi alla morte è avvicinarsi alla gioia, ma alludo al superamento di ogni contraddizione che attraversa la nostra vita perché siamo costantemente nello squilibrio e nell’instabilità: non ci attende la reincarnazione o la resurrezione, ma qualcosa di infinitamente di più». Così scriveva e ripeteva spesso, nelle sue lectio e nei suoi incontri, Emanuele Severino. E’ morto il 17 gennaio a Brescia, ma si è saputo solo oggi. Aveva compiuto 90 anni il 26 febbraio 2019.

Un pensiero radicale, il suo, che lo ha portato tra l’altro a un conflitto con la chiesa cattolica. Nel 1968, quattro anni dopo aver pubblicato “Ritornare a Parmenide”, venne istruito un processo dall’ex Sant’Uffizio, che dichiarò la sua filosofia incompatibile con il cristianesimo e ne decretò l’espulsione dall’Università Cattolica di Milano, dove lo studioso insegnava. Esito in qualche modo scontato, dato che Severino sosteneva che il cristianesimo è «parte dell’alienazione essenziale dell’Occidente».

L’autore di “Ritornare a Parmenide” ha coltivato il suo pensiero facendo riferimento anche ad Aristotele, Eraclito, Hegel, Nietzsche, Leopardi. Per Severino l’Occidente vive nel nichilismo, ovvero nella convinzione che le cose, tutte le cose, escono dal nulla e vi fanno ritorno. Nei numerosi libri pubblicati sin dagli anni ’50, Severino ha teorizzato invece che tutto, anche le cose più insignificanti, è eterno per necessità, sostenendo che la convinzione che tutte le cose escono dal nulla e vi fanno ritorno è la «follia estrema». L’uomo ha sempre cercato il rimedio al terrore davanti al dolore e alla morte nel mito, nella poesia e nella religione. In questo contesto Severino ha approfondito il pensiero di Eschilo ma anche di Leopardi in libri come “Il giogo” e “Cosa arcana e stupenda”. Di particolare rilievo i suoi studi sulla Tecnica – la forza suprema destinata a dominare il mondo e alla quale si assoggettano anche le grandi forze della tradizione: cristianesimo, capitalismo, socialismo, umanesimo – critica radicale della modernità dal punto di vista dell’Essere.

Un percorso cominciato a soli 23 anni quando si laureò a Pavia. Giovane docente alla Cattolica, scrisse “La struttura originaria”, libro che leggeva con passione anche il futuro cardinale di Milano Angelo Scola, suo allievo. Per il suo novantesimo compleanno Brescia, dove era nato il 26 febbraio del 1929, lo aveva festeggiato con una giornata tra riflessione e teatro. Fulcro dell’evento la “Orestea” di Eschilo, che Severino tradusse nel 1985 e che Franco Parenti utilizzò per la storica messa in scena della trilogia eschilea nel 1986. L’antologia di passi, selezionata dallo stesso Severino, aveva visto protagonisti alcuni tra i maggiori artisti della scena italiana, come Ottavia Piccolo, Graziano Piazza, Federica Fracassi e Fausto Cabra.

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