La Nuova Sardegna

Modì, morte e arte della rockstar di Montparnasse

di Paolo Curreli
Modì, morte e arte della rockstar di Montparnasse

Alcol, droga, passione: una intensa e breve vita Una grande mostra lo ricorda nella sua Livorno  

23 gennaio 2020
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Domani saranno cento anni. Il 24 gennaio del 1920, in una fredda giornata parigina nell’ospedale de la Charité, moriva a soli 36 anni Amedeo Modigliani. La sua agonia era iniziata pochi giorni prima in una lugubre soffitta, un luogo lontano dall’immaginario bohemienne povero ma spensierato, ma una misera stanza dove Modì venne aggredito dall’ultimo stadio della tubercolosi circondato da scatole di sardine vuote (gli ultimi poveri pasti) tele abbandonate e abbracciato alla sua giovane amata Jeanne Hébuterne al nono mese della sua seconda gravidanza. Jeanne non riuscì a resistere alla perdita e il giorno dopo si gettò dalla finestra della casa dei genitori che l’avevano raccolta straziata dal dolore. Questo è il triste epilogo di una parabola artistica straordinaria e di una esistenza che ha anticipato, se non ispirato, i “maledetti” di ieri e di oggi, dall’arte al rock.

I cento anni dalla morte del grande Modì verranno ricordati in tutto il mondo, Livorno, sua città natale, gli dedica una grande esposizione dal titolo “Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandrè. Ideata dall’Istituto Restellini di Parigi. Esposizione, aperta fino al 16 febbraio, che ripercorre la sua vita, dai primi esperimenti al rapporto con le avanguardie parigine. Le sale del Museo della Città ospitano le opere appartenute a Paul Alexandre e Jonas Netter, i collezionisti che acquistarono le opere di Modì a Parigi e lo sostennero nella realizzazione dei suoi progetti di scultura.

Molti i dipinti in mostra di inestimabile valore e interesse storico, come “Fillette en Bleu” del 1918, grande ritratto di bambina dove protagonista è un accordo tra azzurri e blu. Il ritratto di Chaïm Soutine del 1916, amico a cui Modì era particolarmente legato. E poi ritratti e nudi delle sue amiche come Elvira (“Elvire au col blanc” dipinto tra il ’18 e il ’19) ritratta quattro volte, due da vestita e due nuda, con uno sguardo appassionato e innamorato della sua bellezza. Il ritratto di Jeanne Hébuterne del 1919, famoso per l’affascinate sguardo dei suoi profondi occhi azzurri. Le opere di Modigliani dialogano con un centinaio di altri capolavori, eseguiti dai suoi amici e contemporanei della École de Paris. Particolarmente interessante il convegno che si svolge in concomitanza della mostra, oggi e domani a Livorno che vuole aprire un focus sulla formazione di Amedeo Modigliani nei primi 15 anni della sua esistenza, come livornese ebreo educato e cresciuto nella comunità di Livorno. «Più che il Modigliani pittore – spiega Paolo Edoardo Fornaciari storico e studioso della tradizione più profonda e popolare di Livorno –, l’incontro approfondirà la figura del giovane Amedeo detto “Dedo” (così da ragazzo veniva chiamato in famiglia) prima di Modì (il pittore parigino), puntando l’attenzione sull’ambiente che lo plasmò, con particolare riguardo al peso ed all’influsso del teologo cabalista livornese Elia Benamozegh». Ci sarà anche una sessione dedicata ad una riflessione sul rapporto arte-ebraismo e visite guidate ai luoghi di Modigliani di Livorno.

Una innovativa prospettiva, quella suggerita, che propone la visione dell’arte di Modigliani non solo legata alla classica lettura della fascinazione che arriva dall’arte africana e indigena, che cambia radicalmente la maniera di rappresentare di Modigliani e del suo amico-nemico Picasso negli anni di Parigi. «Anche l’ebraismo ebbe un influsso enorme nella formazione di Modigliani bambino – spiega Fornaciari –. Nella sua famiglia si parlava correntemente il bagitto, un idioma ebraico-livornese di origine sefardita che arrivava dagli ebrei spagnoli. I rapporti con le comunità ebraiche erano continui, come abbiamo potuto ricostruire nei nostri studi. Ma l’influenza più importante dell’ebraismo nella formazione di Dedo è secondo me il rapporto privilegiato con l’essere umano – sottolinea Paolo Edoardo Fornaciari –. Il grande artista Amedeo Modigliani vedrà sempre la persona umana prima della semplice figura». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Verso il voto

Gianfranco Ganau: sosterrò la candidatura di Giuseppe Mascia a sindaco di Sassari

Le nostre iniziative