La Nuova Sardegna

«Nei miei costumi per i film il plissé degli abiti sardi»

di Sebastiano Depperu
«Nei miei costumi per i film il plissé degli abiti sardi»

Parla il cagliaritano candidato al Nastro d’argento: sarebbe la sua terza vittoria  Dalla collaborazione con Ozpetek alla mega produzione di “Leonardo”  

04 giugno 2020
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SASSARI. Il cagliaritano Alessandro Lai è candidato come miglior costumista ai Nastri d’argento, il più importante riconoscimento del panorama cinematografico italiano che viene assegnato dal 1946, annualmente, dal Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani (Sngci) ai migliori film, autori, interpreti, produttori e tecnici. Quest’anno la cerimonia di premiazione, a causa della pandemia, non si terrà come da tradizione a Taormina, ma a Roma a fine giugno in un luogo ancora da decidere. Ottava nomination per il costumista sardo per il film “Tornare” di Cristina Comencini: due i premi già portati a casa nel 2002 e nel 2012. Tra gli altri, nel palmares c’è anche un Ciak d’oro e sei nomination ai David di Donatello. Ora sta lavorando a “Leonardo”, la nuova co-produzione di Sony pictures television con Lux Vide dedicata al genio del Rinascimento che andrà in onda nel 2021 su Raiuno e su Netflix.

Come ha accolto la candidatura?

«Beh, mi ha fatto enormemente piacere. Anche se non è la prima volta mi emoziona sempre. I premi però non è che mi lusinghino ma mi fanno piacere perché, in qualche modo, sono il riconoscimento verso un lavoro come il mio che è un miracolo che ancora esista. Molti non sanno cosa significhi fare il costumista. Io ne sono fiero. È un mestiere che amo tanto e a cui devo tanto».

Secondo lei che cosa ha colpito i critici?

«Il mio lavoro è funzionale alla storia. Un racconto labirintico e popolato di spettri dell’inconscio. È un lavoro che si inserisce in un contesto. Qualsiasi lavoro che azzecca la chiave giusta e dove tutto torna è un successo. Credo di aver contribuito a creare un personaggio e a rendere la sua storia efficace».

Lo scorso anno due importanti collaborazioni.

«Sì, oltre che con Cristina Comencini, ho lavorato anche nella “Dea Fortuna” con Ferzan Ozpetek: ci lavoro insieme da tantissimi anni, è il nono film che ho fatto con lui. Ci ho lavorato anche per tre opere liriche. È un cineasta vero, un grandissimo visionario. Ci conosciamo molto bene. La nostra collaborazione ormai va avanti solo a sguardi, a mezze parole: basta poco per capirci subito, abbiamo una visione comune delle cose e lo stesso gusto».

Quanta Sardegna cerca di portare nei suoi lavori?

«Tantissima. Intanto con la mia etica, il carattere serio e la caparbietà di noi sardi. Penso che i sardi abbiano buon gusto, sobrietà e un’essenza arcaica. Ho sempre introdotto elementi della mia terra. Anche ora per Leonardo Da Vinci, come ho già fatto per la serie “I Medici”, uso il famoso plissè dei costumi sardi. Lo uso sempre, così come i gioielli e la filigrana sarda».

Da quanto non torna in Sardegna?

«L’ultima volta ci sono stato a Natale. La mia famiglia sta a Cagliari, una città deliziosa in cui mi riconosco».

Le piacerebbe lavorare a un film sull’isola?

«Sì: per una bella storia su Eleonora d’Arborea o sui giganti di Mont’ e Prama. E qui lancio un appello-proposta: mi piacerebbe fare uno studio sul costume, sull’abbigliamento di questi guerrieri comparandoli con altri costumi del bacino del Mediterraneo. Se ci fossero degli studiosi interessati si potrebbe fare un interessante lavoro con gli archeologi per poi sfociare in film come “Il primo Re”?»

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