La Nuova Sardegna

“La chiave dello zucchero” ,storia dei senza voce

“La chiave dello zucchero” ,storia dei senza voce

Nel libro in edicola con La Nuova da venerdì 16 le testimonianze della 2ª guerra mondiale raccolte da Giacomo Mameli. Sette protagonisti per non dimenticare che anche l’isola è stata dilaniata

12 ottobre 2020
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Con “La chiave dello zucchero” si arriva al terzo volume della collana Scrittori di Sardegna 2020, proposta dalla Nuova ai suoi lettori. Il libro di Giacomo Mameli sarà in edicola a partire da venerdì 16 al prezzo di 7.50 euro oltre il costo del quotidiano.

Mameli racconta la seconda guerra mondiale vista e ricordata da sette diretti protagonisti, e dentro i loro racconti una moltitudine di tragedie rimosse. Soldati, prigionieri di guerra, partigiani testimoniano una sotto-storia introvabile nei libri di Storia. Le storie portano in diversi teatri di guerra (Egitto, Tunisia, Kenya, Sudafrica, Piemonte, Toscana, Polonia); tutte hanno un legame con la Sardegna: coinvolta più di quanto appaia in quel grande disastro, come ricorda la strage del ’43 raccontata da Iolando Fosci, quando gli aerei americani fecero 99 morti e 300 feriti bombardando il paese di Gonnosfanàdiga. Gli altri racconti portano dentro la battaglia di El Alamein, dove Egidio Lai si salvò dalle pallottole nemiche al riparo di un muro raccapricciante di cadaveri ammucchiati; nella «guerra delle mine» dell’artificiere Francesco Cossu, in Tunisia; nella Resistenza di Francesco Salis, il partigiano Ulisse morto nella strage di Valmala, e di Vittorio Vargiu, membro della piccola banda di Ariano, giustiziata dai tedeschi e dai fascisti in Toscana. Chiude la rievocazione dell’oppressione tedesca della polacca Leokadia Sas (sarda d’adozione), dove s’innesta anche il ricordo del giovane Karol Wojtyla.

Ha scritto del libro di Mameli sul Corriere della Sera Paolo Rastelli: «Storie di sardi e di seconda guerra mondiale, come afferma l’autore nella prefazione, “perché la Sardegna è stata coinvolta, più di quanto appaia, più di quanto si sappia, in quel grande disastro (...), con stragi avvenute in Sardegna e che la Sardegna dimentica». Proprio per non dimenticare, Mameli ha deciso di scrivere questo libro dove, afferma, lui ha fatto solo l’estensore, scrivendo quasi sotto dettatura dei protagonisti o dei loro parenti, lasciando intatta la spontaneità della narrazione orale, con pochissimi interventi esterni. Dato il curriculum dell’autore (78 anni, scrittore ma anche un passato da giornalista nei principali quotidiani sardi) nella scelta delle storie si vede la mano del grande cronista. E l’immediatezza del linguaggio nulla toglie allo spessore della narrazione. Anzi». Aggiunge Rastelli: «Questo è il libro: piccole storie che vanno a comporne una più grande, da quelle dei partigiani sardi in Piemonte e Toscana alle vicende di un sottotenente prigioniero in Kenya e di una donna polacca, sarda di adozione, che da bambina ha vissuto l’occupazione del suo Paese da parte dei russi. Tutti travolti da cose più grandi di loro perché “eravamo gente della storia senza conoscere la storia vera, come se un muratore non avesse un tetto dove dormire, come se un pastore non avesse latte da bere, come se un falegname non avesse un tavolo per mangiare”».

Come ha scritto sulla Nuova Sardegna la narratrice e poeta Savina Dolores Massa, Mameli è un grande custode della memoria. I suoi libri, da “La ghianda è una ciliegia” sino all’ultimo “Hotel Nord America”, compongono un quadro in cui eventi epocali sono illuminati dallo scorrere caldo e immediato della vita dei tanti a cui la Storia ha negato la parola. (red.c.)

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