La Nuova Sardegna

“Flashover”, viaggio alle fonti dei disastri prossimi venturi

“Flashover”, viaggio alle fonti dei disastri prossimi venturi

Giorgio Falco riflette sul denaro, sul suo potere seduttivo e distruttivo Il desiderio di cose e il suo opposto: la voglia di oblio, di devastazione 

25 ottobre 2020
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Ancora a tre quarti di “Flashover. Incendio a Venezia” (Einaudi, 200 pagine, 19 euro) potevamo ritenere, con una convinzione prossima a tracimare nell’entusiasmo, che imbattersi in libri come questo di Giorgio Falco, sempre più rari, sia una gran fortuna. Perché di libri come questo, al giorno d’oggi, c’è bisogno più che in ogni tempo precedente. Libri, intendiamo, che sfuggono a catalogazioni e riduzioni, che si pongono in maniera critica, cioè analitica, nei confronti del loro oggetto (che nel caso specifico coincide con la nostra realtà). Libri complessi e magari anche ostici, in certa misura, ma capaci positivamente di suscitare in noi pensieri, riflessioni, perfino, sì, ansie, libri che possono richiedere l’impegno ormai quasi insostenibile di una seconda lettura.

Insostenibile, quest’impegno, non per l’assenza di tempo o energie che ci sono domandati altrove, ma perché di libri che vadano oltre la grammaticale elementare, specie dal punto di vista concettuale, se ne trovano oramai ben pochi. Arrivati però alla conclusione, ci accorgiamo che dell’entusiasmo che ci pareva dovesse nascere dalla convinzione non è rimasto, oltre a vaghe macerie fumanti, niente. Che quell’entusiasmo si è estinto, come si direbbe di un fuoco. O di un incendio. E se, come scrive Falco, ogni «incendio, anche il più distruttivo, conserva la traccia della propria origine, una sorta di informazione genetica grazie alla quale tutto è iniziato e ha potuto svilupparsi», anche qui, nel suo libro, l’innesco si è conservato e possiamo quindi risalirvi.

Siamo a pagina 135, in uno dei momenti in cui Falco si rivolge a sé stesso: «Era necessario il terzo spot che hai rivisto a casa, quello di McDonald’s, per avvalorare quanto ripeti da circa vent’anni, di libro in libro. “Tre minuti” è il fondamento dell’organizzazione capitalistica degli ultimi decenni, la manifestazione escatologica del nostro mondo e, fin dal primo libro che hai scritto, una delle tue ossessioni».

Succede infatti che nel quarto conclusivo di “Flashover” questa ossessione dell’autore per il capitalismo e per i modi attraverso i quali plasma le nostre esistenze non solo si palesi platealmente, laddove sin qui si intuiva invece, e felicemente, tra le righe, ma conduca le argomentazioni verso lidi estremi di una speculazione di cui non si smarrisce mai il senso, ma verso cui si smarrisce presto qualunque interesse. Passi come: «Il mondo appare in una continua oscillazione tra chi guarda e chi è guardato, la vertigine entro cui si annida il denaro. Dato che tu occulti il denaro, la maschera è un autoritratto dello sguardo del denaro, che emerge sulla superficie dell’immagine. Eppure è lì, nell’interstizio tra maschera e volto, nel buio territorio interiore senza forma, ecco, in quello spazio intermedio, è come se ti specchiassi nel denaro che occulti. Grazie al fatto di essere fotografato, di essere anche maschera fotografata, sei l’autoritratto del denaro occultato dal tuo volto assente», finiscono per trasformare il libro “di” Falco in un libro “per” Falco: per lui solo. E almeno un paio di spie testuali svelano quanto l’autore fosse di questo cosciente.

Abbandonati dall’entusiasmo, ci resta il rimpianto per un’opera che, trattando della nostra contemporaneità a partire dall’incendio che distrusse la Fenice di Venezia a gennaio del 1996, ci aveva per gran parte – una parte che, a tirar le somme, è purtroppo la meno rilevante – affascinati.

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