La Nuova Sardegna

Sassari a tinte fosche raccontata da Paolo Pisanu

di Giovanni Dessole
Sassari a tinte fosche raccontata da Paolo Pisanu

Primo ciak per la pellicola del regista sassarese con la sceneggiatura dello scrittore Gianni Tetti

28 novembre 2020
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SASSARI. «Vorremmo raccontare bene una bella storia, il resto si vedrà». E ancora: «Raccontare una storia che nasce da una paura personale».“Un padre - Tutti i cani muoiono soli” è un film che in questo crocevia fra autunno e inverno di quest’anno strano e assurdo, prende vita in questi giorni proprio a Sassari, ispirato dall’idea, dai talenti e dal chiacchierare di due amici e professionisti del cinema, Paolo Pisanu e Gianni Tetti. Regista il primo. Sceneggiatore il secondo. Sassaresi, entrambi. Il resto della troupe? “Professionisti sardi e romani molto affiatati, persone eccezionali”.

È la storia di Rudi, un sessantenne che vive di piccoli crimini in un piccolo mondo. Buona parte della vita l'ha passata da solo. Temuto e rispettato, sa tutto del suo piccolo mondo che è Sassari. Ma non sa che le cose che ti lasci alle spalle a volte ti raggiungono, si aggrappano a te, ti investono. Quando dovrà occuparsi di sua figlia, che inaspettatamente gli chiede aiuto, sarà costretto a fare i conti con sé stesso. In una Sardegna invernale, livida e violenta, scorre la storia di un uomo che spera nell'ultima occasione. Un dramma di rimpianti, parole non dette, gesti non compiuti, assenze.

Il dramma del tempo che passa senza pietà. Come nasce l’idea? «Attraverso lunghe chiacchierate – spiega Gianni Tetti –. Paolo voleva fare il suo film d'esordio, aveva in mente un personaggio. Io ero felice di iniziare a lavorare su un nuovo progetto con lui, che si è dimostrato da subito una splendida persona”. L’incontro fra due volontà ha acceso la scintilla: «Trovarsi sul lato umano, in un lavoro come il nostro che può tenerti anni su un solo progetto, è fondamentale – dice Paolo Pisanu –. Da quelle chiacchierate sono nate pagine e pagine scritte, e abbiamo iniziato a creare una storia. Alla fine del personaggio iniziale non è rimasto molto, ma ne sono arrivati altri ed è nata la sceneggiatura”.

La vittoria del Premio Solinas, un momento importante. «Abbiamo pensato – dice tetti – di aver scritto un bel film. Paolo ha pensato di presentarlo al Solinas, per me era un'ottima idea, poteva rappresentare un’opportunità – ricorda Tetti –. Abbiamo scoperto di essere arrivati in finale da una telefonata della direttrice del Premio Annamaria Granatello, che chiama personalmente tutti i finalisti, gesto che trovo molto nobile e un po' d'altri tempi. Da lì in poi mesi di duro lavoro e di belle sorprese. La vittoria è arrivata in una fredda serata romana al Teatro India». «Non sapevamo cosa sarebbe successo, quando hanno chiamato noi è stata un’emozione impressionante – ricorda Pisanu –. Non solo l'idea di aver vinto il premio, ma anche il boato di un teatro stracolmo, oggi inimmaginabile. Un sacco di gente che tifava per noi e la nostra sceneggiatura. È stato bello percepirlo».

L’impatto della pandemia sul film? Paolo Pisanu: «La prospettiva di andare sul set, nel mezzo dell’emergenza, ci preoccupava. La cosa più difficile è stata andare avanti mentre tutto, tutto il mondo, suggeriva di fermarsi». Gianni Tetti: «Il film è stato scritto prima dell’avvento del virus, non potevamo immaginare quello che c'è stato dopo. Abbiamo poi lavorato ad alcune scene, riscrivendole o cambiandole, nel mezzo della pandemia, ed è possibile che questo ci abbia influenzato nella scrittura». Ma come si fa un film in pandemia? «Tante cautele. Tamponi settimanali a tutta la troupe, si gira dopo l’arrivo dei risultati, tutti negativi – sottolinea Pisanu –. Tutti in mascherina per tutto il tempo delle riprese. Solo gli attori possono toglierle per recitare, poi le rimettono. Nessun esterno assistere se non ha fatto il tampone». In scia anche Tetti: «Anche la vita privata, naturalmente, deve essere controllata: i contatti al di fuori della troupe e del cast sono ridotti al minimo o evitati del tutto. Si vive in una bolla, da cui niente può entrare o uscire senza le giuste assicurazioni». Breve focus del regista sulle location: «L'idea di base era non fare un film da cartolina, per questo le location raccontano molto i personaggi ma sono anche insolite. In particolare la casa di Rudi, che vive a Platamona. Ma non è un mare estivo conturisti e tanto sole. È il mare livido d'inverno, in cui a volte, Platamona sembra abbandonata a sé stessa».

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