La Nuova Sardegna

Memorie globali e nuragiche di un manager

di Giacomo Mameli
Memorie globali e nuragiche di un manager

Mario Rosso fa il bilancio di una vita in viaggio Racconti tra Oschiri e i continenti del mondo

04 dicembre 2020
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Mario Rosso, manager sardo in pensione, giramondo per i cinque Continenti, ha scritto “Sembrava ancora di giocare”, edizioni Clichy, pagine 247, euro 18. Non è solo il racconto delle memorie di un secolo, non solo il diario di un sociologo dell’economia, e neanche la sola vita di chi lascia il Limbara e sbarca in Cina e in Messico, conosce la povertà della Romania del dopo Ceasescu, punta per l’India e il Giappone collezionando tredici traslochi su container fra gli emisferi.

Nato a Roma da genitori di Oschiri, infanzia e prima gioventù nella vallata del Coghinas, varca il Tirreno. In principio trova Torino, facoltà di Filosofia, quella teoretica, speculazione e astrazione, zero riferimenti alle cose pratiche. Ha voluto mettere nero su bianco, tracciando «il bilancio della nostra storia, ma soprattutto il senso e il valore della vita». Fra i trentotto capitoli di questo libro nuragico-globale, uno ha per titolo “l’ultima gita”. Parla di suo fratello Baby che, «come Oscar Wilde può resistere a tutto meno che alle tentazioni». Un fratello moderno: «aveva ridotto molto i suoi viaggi in Sardegna per dare alla famiglia un segnale di autonomia». Viaggia fra Thailandia e California, «aveva programmato la Scozia e, purtroppo, la Turchia». Si sposa con Laura nella chiesa della Gran Madre del capoluogo piemontese il 19 settembre 1976. È «un evento pieno di giovinezza e bellezza». Festa finita in tragedia, raccontata da Rosso con una scrittura essenziale, di classe. «Alle quattro del pomeriggio i giovani sposi, festeggiatissimi, partono per Milano dove li aspetta l’aereo per il viaggio di nozze. Sono 154 i passeggeri e otto i membri dell’equipaggio del Boeing 727 della Turkish Airline. Dopo otto ore erano già morti nel volo 432 da Istanbul ad Antalya, dove Baby e Laura non sarebbero mai arrivati». Ecco il perché dell’indagare sul «senso della vita, il suo valore». Riflettendo sulla breve vita del fratello, lo scrittore ricorda un film, Il Ponte di San Luis Rey di Mary McGuckian, racconto di una strage del 1714 quando, per il crollo di un ponte in Perù, muoiono cinque persone. Perché? Scatta il rovello sul «senso della vita”». Nel film e nell’incidente aereo di Baby «si è trattato di una tragedia o di una punizione divina che ha fatto incrociare i destini dei cinque nel medesimo luogo alla medesima ora?». Intensi e coinvolgenti tutti gli altri racconti. Il filosofo teoretico va controcorrente e si tuffa nella pratica.

Dopo la laurea (tesi in Fenomelogia con Luigi Pareyson, lo studioso amico di Jacques Maritain e Martin Heridegger) entra da dirigente di rango nel gruppo Fiat quando amministratore delegato è Cesare Romiti. Dall’auto passa allo shopping, la griffe è la Rinascente. Incasella ottimi risultati economici e finanziari, cresce in un battibaleno nella top ten europea dei manager, varca la Manica. A Londra è senior vicepresidente della New Holland che ha interessi anche in Africa e in Australia. E così vola dall’Europa all’America, dagli States alla Cina, all’India, in Pakistan e in Ucraina. Lavora ai massimi vertici di Telecom, tappa anche a Tiscali di Sa Illetta, vira verso il mondo della comunicazione-informazione e diventa amministratore delegato e poi direttore generale dell’Ansa. Si stabilizza a Roma.

In questi giorni è a Londra dove abitano le figlie, casa a South Kensington, poco distante da Hyde Park. Spera di poter essere in Sardegna «almeno per le feste di fine anno, le restrizioni Covid sono da rispettare, ho casa a Olbia, ma il richiamo è quello di Oschiri dove è scritta l’epopea di famiglia» che è poi alla base di queste belle pagine. Vi imbattete sugli avi, su un Antonio Lambroni di Michelangelo e Pinna Mariantonia e così camminate tra «vigne, orti, fichi d’India, peri, mandorle e poco altro». Leggerete delle chiudende, del cibo per il maiale (“su mandigu ’e su porcu”). E i maiali, quando padroni e padroncini arrivavano con «residui e scarti alimentari e di cucina, s’isciuccadura, si precipitavano verso il cibo e verso di noi con una furia quasi rabbiosa, violenta». Vi confronterete sul matriarcato che fu. Attorno alla nonna materna, Paola Meloni Bua nata a Oschiri il 10 marzo 1887 ma originaria di Bitti, «come avveniva a Oliena, Mamoiada e Orune si era sviluppato un potere decisionale, il matriarcato barbaricino che ha lasciato traccia indelebile nel carattere austero e fermo della donna sarda». Troverete il nonno Baingiu sul quale era caduto «unu raju» che non era un raggio di sole ma un ictus. Incontrate anche Gigi P. «Senza dubbio il più bello tra i ragazzi del paese, curato look alla Johnny Hallyday, tratta le ragazze con una sicurezza che mi fa invidia» e così succede che «i compagni lo ammirano e gli obbediscono, ne sono affascinati». E con Mario Rosso? «Cercava un rapporto alla pari, mi dava rispetto ma voleva riconoscimento, io sfruttavo la mia posizione particolare di straniero quasi continentale».

E poi le figure di Francesca e Paola, l’affresco “La Sardegna allo specchio/La Sardegna altrove”. Nostalgia? Nient’affatto. Mario Rosso ha scritto per non dimenticare o meglio, per dirla con Claudio Magris, per «contrastare un modo di fare che porta ad avere una memoria brevissima», a cancellare il passato. Rosso chiude citando la sua «saggia suocera Leonarda: della vita non si deve ridere, ma non ci si deve neppure lamentare». Sapiente equilibrio per «il valore della vita».

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