La Nuova Sardegna

Maurizio Costanzo: «Il mio erede? Il sardo Giovanni Floris»

di Alessandro Pirina
Maurizio Costanzo: «Il mio erede? Il sardo Giovanni Floris»

Il re degli anchorman parla degli inizi del suo talk show in tv e dei 45mila ospiti in 38 anni tra cui Maria Carta e Cossiga. «Il Papa l’unico assente nel mio salotto»

06 giugno 2022
5 MINUTI DI LETTURA





Va in onda su Rai 1 e su Canale 5. È l’unico a cui è consentito dividersi tra la tv pubblica e quella commerciale. Ma lui è Maurizio Costanzo, padre della tv di oggi, fatta di parole più che di balletti e varietà. Era il 1976 quando il suo primo talk, “Bontà loro”, cambiò per sempre i connotati alla tv italiana. Ma anche le abitudini degli italiani. I suoi programmi, su tutti il Costanzo show, ricchi di ospiti e storie, hanno modificato gli orari dei telespettatori: a letto si andava dopo Costanzo. Il giornalista romano, oggi 82 anni, è stato l’ideatore della seconda serata televisiva, fino a quel momento ignorata, e oggi quasi scomparsa, perché inglobata nel prime time. Da decenni il “Maurizio Costanzo Show”, prima settimanale, per diversi lustri quotidiano, oggi di nuovo settimanale, è la piazza del Paese - l’Italia - in cui ogni sera si ritrovano tutti: i protagonisti al Parioli (oggi nei Lumina Studios) e gli spettatori sul divano. E ovviamente lui, Costanzo, con la sua capacità unica di selezionare gli ospiti, di scoprire personaggi e di raccontare la società.

Costanzo, lei nel 1976 inventa il talk show in Italia in una tv fatta perlopiù di varietà, sceneggiati e tg. Fu difficile convincere i dirigenti Rai?

«In realtà fu facile, perché l’idea venne all’allora vice di Rai1, Angelo Guglielmi, futuro direttore di Rai3: un programma di mezz’ora tra il film di prima serata e il Tg1 della notte».

Quale è stato l’impatto del talk show sulla tv italiana?

«Calcoli che nella seconda puntata facemmo 11 milioni di telespettatori. È vero che non c’era Mediaset, ma altri tempi e altri ascolti».

Il Maurizio Costanzo Show cambia le abitudini degli italiani. In quella prima puntata del 1982 con Paolo Villaggio, Eva Robin’s e Paola Borboni avrebbe mai immaginato un successo così longevo?

«Non era possibile prevederlo. Ma ogni anno era una nuova scommessa».

Sul palco del Costanzo Show si sono avvicendati migliaia di personaggi: da Gorbaciov a Sophia Loren, da Falcone a Dario Fo. Ma ha dato voce anche a tanti comuni cittadini. Se dovesse ricordare i momenti più belli di tanti anni di Costanzo show?

«In 38 anni ho avuto circa 45mila ospiti. I momenti belli sono stati tanti. Se proprio devo indicarne uno dico le serate contro la mafia fatte insieme a Michele Santoro».

C’è qualche personaggio che non è mai riuscito a portare nel suo Show?

«Il Papa».

Ha mai provato a invitarlo?

«Ci provai con Wojtyla, ma era malato. Anche se non credo sarebbe venuto».

Ritenterà con Papa Francesco?

«Non credo».

E tra i tanti personaggi nati al Costanzo Show qual è quello di cui va più fiero?

«Tutti. Penso a Enzo Iacchetti, Giobbe Covatta, Valerio Mastandrea, Ricky Memphis».

Non è pentito di nessuno?

«No. E ricordi che da me sono partiti anche Vittorio Sgarbi e Stefano Zecchi».

Tanti anche i personaggi sardi incontrati nella sua carriera.

«Ricordo Maria Carta, una donna e un’artista straordinaria. Anche Cossiga venne al Parioli, mentre Berlinguer non lo ebbi in trasmissione, ma lo conoscevo bene. E poi io sono molto amico di Nicola Grauso. Per anni ogni domenica venivo a Cagliari per registrare un talk show per Videolina. Ma nell’isola, a Is Molas, feci anche una delle prime vacanze con Maria (De Filippi, ndr) una trentina d’anni fa».

Lei ha diretto Amedeo Nazzari nel suo ultimo film “Melodrammore”. Che ricordo ha del grande attore sardo?

«Mi colpiva il suo lunghissimo armadio pieno di abiti».

Poi c’è Valentino Tocco, sardo di Donori, prima cameraman e oggi regista del Costanzo Show. Come l’ha conquistata?

«Ci conosciamo da sempre. Abbiamo un rapporto molto bello. Anche se non ci frequentiamo fuori dagli studi tv siamo amici. Lui è bravo in quello che fa e soprattutto non mi ha mai tradito in nulla».

Tra i tanti personaggi scoperti da lei, il più importante è senza dubbio Maria De Filippi. Quando la convinse a fare il primo “Amici” avrebbe mai immaginato che sarebbe diventata la star numero uno della tv ?

«Assolutamente no. E come avrei potuto?».

La tv di oggi è cambiata parecchio: le piace?

«Alcune cose le guardo, altre no. Ma anche prima era così. La tv racconta il Paese, è la sua fotografia».

Cosa guarda in tv?

«Soprattutto i talk show: Del Debbio, Porro, Giordano, Palombelli».

E i programmi di sua moglie?

«Certo. “Amici”, “C’è posta per te”, “Temptation island”».

Nella seconda metà degli anni ‘90 è stato direttore di Canale 5: se oggi fosse direttore di rete quali artisti scritturerebbe?

«Quelli su cui puntai allora. Come Gerry Scotti. In giro non vedo grandi novità».

Lei è autore di una della canzoni più famose di Mina “Se telefonando”: vi siete più sentiti?

«Da quando si è chiusa in casa a Lugano l’avrò sentita una sola volta, forse una decina d’anni fa».

Lei è l’unico che lavora per la Rai e per Mediaset: come c’è riuscito?

«Non ho esclusive. E poi forse mi avranno concesso questo privilegio per l’età».

C’è qualche personaggio tv di cui ha nostalgia?

«Santoro. Non l’ho neanche più sentito. È un vero peccato che non faccia più tv».

Pensa che esista un erede di Maurizio Costanzo?

«Giovanni Floris. Che è anche sardo».

Nella sua carriera ha intervistato migliaia di personaggi. Il suo debutto avviene nel 1956 a Paese Sera: ricorda la sua prima intervista?

«No, però l’allora caposervizio Antonio Ghirelli mi chiese di che sport mi volessi occupare. Io dissi: il ciclismo. Mi fecero seguire il Giro del Belgio. E mi fecero firmare: Maurice Costance. Avevo 17 anni».

Come vive la pandemia?

«Male, molto male. Mi controllo molto, vedo poca gente, faccio tanti tamponi. Purtroppo è una storia che ci porteremo avanti a lungo».

L’Italia come sta affrontando questo difficile momento?

«Mah. Sinceramente non mi piacciono quei medici che dicono che non vogliono vaccinarsi. Ha ragione il sottosegretario Sileri: hanno sbagliato lavoro».

A proposito di lavoro, lei è giornalista, conduttore tv e radiofonico, autore teatrale e televisivo, attore, sceneggiatore, paroliere, regista, dirigente tv, scrittore, docente universitario. C’è ancora qualcosa che non ha fatto e vorrebbe fare?

«Sinceramente vorrei continuare a vivere».

In Primo Piano
La polemica

Pro vita e aborto, nell’isola è allarme per le nuove norme

di Andrea Sin
Le nostre iniziative