La Nuova Sardegna

Georges Simenon dalla A alla Zeta

Georges Simenon dalla A alla Zeta

Alberto Schiavone e Maurizio Lacavalla narrano uno scrittore straordinario, misterioso e mai del tutto compreso

10 gennaio 2021
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La saga esistenziale di Simenon è troppo ricca, sfaccettata, avventurosa e drammatica per essere riassunta in un breve ritratto», scrisse il critico Raffaele Crovi. Nulla di più vero. Per questo è stato molto interessante l’esperimento editoriale dello scrittore Alberto Schiavone e del giovane disegnatore Maurizio Lacavalla di raccontare il “papà” di Maigret attraverso una graphic novel che ha più la forma di un mosaico composto da ventisei lettere, anziché tessere. “Alfabeto Simenon” (Edizioni BD, 20 euro), con una postfazione di Bruno Gambarotta, non ha la pretesa di catturare la figura quasi leggendaria di questo autore che a trentadue anni dalla sua morte a ogni ripubblicazione di un suo romanzo continua a occupare i primi posti delle classifiche dei libri più venduti.

Momenti toccanti

Simenon è stato un uomo così complesso, tormentato e poliedrico che una singola opera non sarebbe bastata. La scelta dei due autori è stata invece quella di perlustrare il suo universo letterario e personale con delle carrellate e dei fermi immagine molto poetici e toccanti. Diversi capitoli portano il nome di alcuni suoi celebri romanzi. Altri di qualche personaggio. Altri ancora alludono a un luogo - “New York”, per esempio - o una peculiarità artistica: “immaginazione” è tra queste. «Non c’è mistero, su Georges Simenon» scrive Schiavone nella prefazione all’opera. Eppure tanti critici, scrittori, librai ed editori continuano a interrogarsi sul segreto del successo di un autore trasversale a diverse generazioni, ancora attualissimo, che pareva avere il dono di fermare il tempo. Forse un barlume di risposta lo si può trovare nella lettera G, dedicata ad André Gide, fondatore della nouvelle revue Française e premio Nobel per la letteratura nel 1947, che di Simenon disse: «Considero Simenon un grande romanziere, forse il più grande e il più autentico che la letteratura francese abbia oggi».

Vulnerabilità

In questo capitolo emerge uno dei lati più privati del celebre romanziere: la vulnerabilità. A Gide Georges confidava le proprie inquietudini, i dubbi professionali, la fatica di dover indossare sempre quel ruolo scomodo che gli era stato cucito addosso, l’insofferenza che nutriva verso i salotti letterari e al tempo stesso l’amarezza per non essere mai stato accettato dall’intellighenzia letteraria, che lo considerava dozzinale, rozzo, uno “scrittore per casalinghe”. E forse è tutto qui il segreto del suo talento e della sua iperproduttività: l’urgenza di liberarsi dei propri turbamenti e delle debolezze attraverso la scrittura, che per lui era un qualcosa di inscindibile dal proprio essere; dono e maledizione allo stesso tempo. Quell’uomo incapace di provare serenità e mettere radici, perennemente insoddisfatto e mai sazio di voglie e curiosità, per lunghi periodi dipendente dall’alcol, ossessionato dal sesso e dalla figura anaffettiva della madre Henriette («Tutti mi ammirano. Tutti, tranne te» le scriveva Georges) è sempre stato fedele a una sola donna: la scrittura; l’unico ancoraggio emotivo sufficientemente solido nelle sue innumerevoli tempeste esistenziali.

Il metodo

Passione, lavoro, rifugio, forma laica di esorcismo dei propri demoni, per Georges l’atto dello scrivere era tante cose insieme, accomunate dalla dipendenza che nutriva per la pagina bianca. Simenon sosteneva di non avere immaginazione, scopriamo in questa pubblicazione. Per scrivere aveva bisogno di una totale immedesimazione con i personaggi, gli ambienti e le vicende che voleva raccontare. «Come faccio a scrivere un romanzo? È molto semplice: penso a un luogo dove ho vissuto e rivivo l’atmosfera» rispose un giorno l’autore belga. «Vivo in essa. Ricompongo gli odori, i colori, il clima nella mia mente. Mi dico: “Com’era? Cosa faceva? Cos’è diventato?”. Prendo posto alla macchina da scrivere alle sei del mattino e batto regolarmente fino alle otto. Venti pagine sono scritte. Tanto basta per quel giorno. Quello dopo ricomincio. Nel frattempo la vita del personaggio si precisa. Altri personaggi arrivano da loro stessi ad aggiungersi a lui. Ogni mattina mi risiedo sulla sedia: venti pagine. In capo a dieci giorni, duecento pagine. Qualche giorno per le correzioni, e il romanzo è finito. C’è solo da iniziarne un altro». Un meccanismo di produzione quasi industriale. E i numeri dei romanzi testimoniano quanto questo metodo funzionasse. Non si è certi sul quantitativo preciso di romanzi scritti: si stimano intorno ai quattrocento, molti scritti con i suoi ventisette pseudonimi. Le sue storie avevano il profumo della quotidianità.

Linguaggio semplice

Nella gran parte dei casi avevano per protagonisti personaggi di origini modeste, spesso persone che vivevano ai margini o nell’ombra, brucianti di volontà di affermazione o redenzione. Simenon riteneva che le persone “normali” avessero molto più da raccontare; inoltre, vivevano i sentimenti e le emozioni con maggiore intensità, senza filtri né sovrastrutture tipiche degli alto-borghesi. «Non ci si spaventa mai davanti a una pagina di Simenon. Ci attrae invece la sua sublime semplicità» scriveva di lui Andrea Camilleri, suo grande estimatore. E la scrittura diretta, pulita, snella e depurata da qualsiasi infarcitura di letterarietà (come suggeritogli dalla sua fida Colette) è un altro dei segreti del “fenomeno Simenon”. In un suo libro ogni lettore ha diritto di cittadinanza. La lingua non è mai ostica, ma tanto levigata che quasi diviene impercettibile, lasciando che emergano, sfrontati, storia e personaggi in tutta la loro nitidezza e profondità.

Le immagini

Con l’ausilio di tavole e immagini che catturano appieno l’atmosfera nebulosa tanto cara a Georges, “Alfabeto Simenon” è un libro perfetto per entrare in contatto con questo gigante della letteratura. «Lavorare a questo sillabario a fumetti è stato viaggiare nei luoghi e con i personaggi di Georges Simenon, ma anche abitare le ore che Alberto gli ha dedicato nel corso degli anni, vestire di china la sua passione per uno scrittore straordinario» dice Maurizio Lacavalla, che ha tradotto in immagini le parole di Schiavone. «Immagino “Alfabeto Simenon” come un fumetto da aprire a caso per cogliere un capitolo inaspettato che possa poi crescere dentro mentre si fa altro. Poi, in un pomeriggio buio, tornare ad aprirlo per una nuova lettera e perdersi nella nebbia che sale dai canali».

L’opera infinita

Attraverso la lettura si potranno conoscere i protagonisti di alcuni dei libri più importanti dello scrittore belga, così come i personaggi principali della sua straordinaria vita e delle tumultuose passioni, ma soprattutto si potrà scorgere un ritratto più inedito e intimo del vero protagonista del libro, non il Simenon scrittore, ma l’uomo: il figlio, l’amante, il fedifrago e il padre. «Qui ci sono ventisei lettere, ventisei spunti, e un unico tributo a uno scrittore enorme, ancora attuale nella sua voluta, vigliacca, virtuosa ricerca del passato, di un passato comune» spiega Alberto Schiavone, autore e curatore dell’opera. «Recordman di passioni, bicchieri, vendite, traduzioni, viaggi. Un uomo assediato da ossessioni, che delle sue ossessioni si è fatto baldanzoso sostenitore e beffardo sceneggiatore».



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