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Tagli famosi, da “Sciuscià” a “Salò”

Tagli famosi, da “Sciuscià” a “Salò”

Il duce si infuriò per “Il cappello a tre punte”, Ciprì e Maresco tacciati di blasfemia

06 aprile 2021
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SASSARI. La mannaia della censura ha colpito duro il cinema italiano soprattutto durante il ventennio fascista. Restò famosa la reazione del duce Benito Mussolini, nel 1935, davanti alla proiezione del film “Il cappello a tre punte” diretto da Mario Camerini con Eduardo e Peppino De Filippo. Il Duce, che lo visionò a Villa Torlonia insieme a tutta la sua famiglia, dopo pochi minuti si alzò in piedi infuriato, sfasciò una sedia e gridò, prima di andarsene sbattendo la porta: «Bella sensibilità politica dopo 13 anni!». Le scene che avevano suscitato questa reazione indignata erano quelle dei tumulti degli ortolani contro le tasse ingiuste e il malgoverno: sequenze molto belle e molto efficaci, secondo quanto avrebbe dichiarato più volte Eduardo. La censura intervenne con decisione e tagliò tutte le scene di rivolta. Così mutilato, il film uscì, nel 1935, per pochi giorni, ma fu tolto quasi subito dalla programmazione.

Fu solo l’inizio di una serie di interventi sulle opere cinematografiche italiane che proseguirà anche nel periodo della Repubblica, col governo della Democrazia Cristiana. La censura colpì “a temi” che vanno da quello religioso a quello sessuale, da quello politico-sociale (critiche alla società e al sistema) a quello dell’immagine della forza pubblica (Polizia e Arma dei Carabinieri). Subì il giudizio della commissione ministeriale buona parte del cinema neorealista, compresi capolavori come “Guardie e ladri” di Monicelli, “Pane, amore e fantasia” di Comencini e “Sciuscià” e “Ladri di biciclette” di De Sica.

Dopo la rivoluzione sessuale del 1968 la morsa della censura si allentò molto. Ed è per questo che alcuni casi relativi agli anni Settanta e qualcuno più recente, fecero scalpore. In primo luogo “Ultimo tango a Parigi” di Bertolucci (1972) che venne ritirato dalle sale per le scene sessuali. Poi toccò, nel 1975-76, a “Salò” di Pierpaolo Pasolini anch’esso censurato per le scene sessuali subito dopo la sua uscita, a tre settimane dall’assassinio del regista. Stessa sorte per “Todo modo”, commedia grottesca e predittiva sui personaggi della politica italiana girato da Elio Petri nel 1976. Caso più recente quello di “Totò che visse due volte”: nel 1998 il film di Ciprì e Maresco venne ritirato dalle sale per blasfemia. Va citato anche “W la foca” di Nando Cicero, censurato nel 1982 per il titolo “vagamente” allusivo. Resterà seppellito per vent’anni per essere poi riscoperto e addirittura presentato al festival di Venezia nella sezione B-movie. (red.c.)

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