La Nuova Sardegna

La lotta dell’Angelo nero che canta la luce

di Costantino Cossu
La lotta dell’Angelo nero che canta la luce

Esce da Salani “Rime buie”, la nuova raccolta di versi di Bruno Tognolini con le illustrazioni di Antonella Abbatiello 

03 maggio 2021
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Al fondo del dolore che segna ogni vita c’è un vuoto, un’assenza. Vivere è mettere in atto una strategia di compensazione che consenta di tenere il dolore quanto più possibile sulla soglia. Fare come se l’irrimediabile scissione che sta alla radice della sofferenza non esista, metterla tra parentesi. Una fatica che richiede applicazione metodica. Il gioco è duro, bisogna essere forti. Ma per quanto allenati a resistere, può accadere che, nella lotta, a tratti le energie diminuiscano e che il buio che abbiamo provato a vestire di luce venga a fissarci dritto negli occhi.

PARTITA A SCACCHI. «I said to my soul, be still,/ and let the dark come upon you». Sono i due versi di T.S. Eliot che Bruno Tognolini mette in esergo al suo nuovo libro, “Rime buie” (Salani, 88 pagine, 14,90 euro). Sono versi che parlano con le ombre. “Lascia, mia anima, che la tenebra venga su di te”. A volte è soltanto così che si può continuare a giocare la partita a scacchi con il dolore: sospendere la rimozione e fissare lo sguardo dentro le tenebre. Tognolini lo fa in un libro prezioso, un libro per adulti da un autore che ha scritto quasi sempre per bambini. E che ora, in fondo, scrive per ex bambini, se è vero che è l’infanzia il campo, per niente incantato, dove l’assenza si impianta nell’anima per sempre. Moloch, il dio del fuoco divoratore di neonati, è insaziabile.

NOTE LUMINOSE. Chi conosce e ama Tognolini sa che la materia prima delle sue rime è la luce. Ma sa anche che le note luminose dei suoi versi corrispondono a una partitura severa, in cui dietro la meravigliosa e vitale danza delle parole si intravvede una trama scura. Si potrebbe dire di Tognolini che è esattamente la presenza costante di questa zona d’ombra sottostante a strutturare e a rendere così nitida, chiara, solare la superficie dei suoi testi. Un gioco di contrasti sapiente, in cui le due dimensioni, luce e ombra, dialogano e si sostengono a vicenda. Con l’uscita, tra anni fa, di “Rime chiaroscure” (Rizzoli), illustrato da Pia Valentinis, Tognolini aveva in qualche modo codificato l’equilibrio della sua scrittura, con testi in cui, per la prima volta, il fondo dark emergeva come elemento autonomo. Il nero non più come sfondo del bianco, ma nero e bianco intrecciati in un registro espressivo unitario, coerente, senza più gerarchie. Ora con “Rime buie” l’equilibrio, per scelta dichiarata dell’autore, si spezza, e le ombre prendono il sopravvento: «Let the dark come upon you». Scelta sostenuta, come meglio non si sarebbe potuto, dal cambio di illustratrice, dove al sosfisticato tratto “in contrasto” di Pia Valentinis si sostituisce quello potentemente dark di Antonella Abbatiello, autrice delle diciotto tavole che accompagnano gli altrettanti testi di Tognolini.

INVERNO INFINITO. In “Rime buie” la vita è una «canzone dei forse» dove l’anima si rivela solo quando tutto è ormai perduto: «Verrà, dicevo, tragica/ La vedrò, favolosa/ Volerà lontanissima / E capirò ogni cosa /E invece sono morto / D’improvviso, per sbaglio / Su una roccia del porto / La faccia su uno scoglio / E l’anima è passata / Mentre cadevo giù/ E io non l’ho guardata/ E non tornerà più/ Nell’inverno infinito/ Delle occasioni perse/ Ora canto impietrito/ La canzone dei forse».

Può accadere che l’armonia della vita ci passi accanto, ma non la vediamo, per distrazione: «L’amore è stato un sogno indecifrabile/ I figli visi cari ma lontani/ Tutto il resto un disegno inafferrabile/ Fra le mie mani/ E le cose sfumavano i contorni/ I paesaggi slittavano di scatto/ Le stagioni stingevano nei giorni/ Di un anno astratto/ Non sono matta, la sento, la indovino/ L’armonia della vita, intensa, intatta/ Forse ci son passata anche vicino/ Ma ero distratta».

Di fronte all’apparire di un inaspettato «abbaglio di gioia», per proteggerlo si erigono torri, ma inutilmente: «E io allora ho rizzato la torre/ Per difendere dalla sciagura/ Per murare di roccia/ Ferrare di sbarre/ Laggiù quella goccia futura/ L’ho protetta con tutte le arti/ E da allora, da qui alla mia morte/ Ora guardo a vedetta/ Da tutte le parti/ Ora veglio da tutte le porte/ Il mio abbaglio di gioia mi aspetta/ Sotto pietra su pietra laggiù/ La scintilla perfetta/ Promessa tenuta/ Mia tanto protetta/ Mia tanto voluta/ Che io non l’ho veduta mai più».

IN FONDO ALLE SCALE. Sino a un’aperta dichiarazione di sconfitta: «Ed eccola la fine/ Quaggiù, in fondo alle scale/ Io conto le mattine/ Nella sporca quiete di un piazzale/ Non c’è niente più giù/ Qui l’anima riposa/ Non si scende di più/ La polvere si posa/ Come una bianca sposa/ Calma e zitta/ Sulla stanca invincibile sconfitta». Poi però, a chiudere il libro, “L’Angelo”, che indica nella scrittura la via di salvezza. Una via aspra di lotta: «Sono l’angelo buio, avvelenato/ Dalla tenebra/ Che sempre ti ho lavato/ Sono l’angelo soldato, taciturno/ Sono addestrato/ Nel volo notturno/ Tu mi cancelli, buio/ Io ti disegno/ Per mille secoli la lotta è una soltanto/ Mi ammutolisci, buio/ E io ti canto/ Tu mi consumi, ma io resto vivo/ Se tu mi bruci, buio/ Io ti scrivo/ L’inchiostro è nero, ma la carta è bianca/ Vieni tenebra/ Vediamo chi si stanca».

PER MILLE SECOLI. Tognolini è nato nel 1951. Si è formato a Bologna negli anni Settanta del Novecento. Appartiene a una generazione che ha creduto nelle «belle utopie dell’altezza» e che ha vissuto di quelle utopie la sconfitta. “Rime buie” però non è un libro arreso. Dice piuttosto che «l’angelo buio», «soldato taciturno», la sua guerra, oggi, non può che combatterla da solo. L’orizzonte collettivo si è dissolto, sostituito da un sistema di monadi che si lanciano segnali ma non sanno unirsi in una visione comune. Il segno del presente è la frammentazione, la sua cifra prevalente la solitudine. Ma se il buio ha la potenza di un dio ed è folle l’utopia che pretende di farlo sparire, forte è anche la luce. «Per mille secoli la lotta è una soltanto»: l’angelo di Tognolini, «addestrato nel volo notturno», chiama a raccolta un coro che, ancora una volta, canti la luce.

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