La Nuova Sardegna

Alessandra Mura da Nanni Moretti a Ligabue

Fabio Canessa
Alessandra Mura da Nanni Moretti a Ligabue

Intervista con la scenografa sassarese che ha vinto il David di Donatello: «Una grande gioia e una grande emozione»

13 maggio 2021
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La prima telefonata, da Sassari, è quella della mamma alla quale dedica il premio ricordando come ha sempre creduto in lei anche quando dopo il diploma all’Istituto d’arte ha preso la coraggiosa decisione di lasciare la Sardegna e proseguire gli studi a Roma all’Accademia di Belle Arti. Partita da un’isola dove quando era ragazza il cinema era davvero un miraggio, e in fondo ancora oggi si fa fatica a farlo, Alessandra Mura è arrivata a realizzare il sogno di fare la scenografa ad alti livelli. La consacrazione ora con il David di Donatello (condiviso con Ludovica Ferrario e Paola Zamagni) per “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti che ha sbancato questa edizione degli Oscar italiani. Alla seconda nomination per lei dopo quella nel 2008 per “La ragazza del lago” diretto da Andrea Molaioli che seppur non coronata dal premio aveva rappresentato per Alessandra Mura una tappa fondamentale. Perché legata al primo importante lungometraggio come responsabile della scenografia dopo altre esperienze, di grande valore, in qualità di arredatrice per film come “Il caimano” di Nanni Moretti e “Il Divo” di Paolo Sorrentino.

Ha ritirato il David di Donatello la sua collega Ludovica Ferrario. Com’è stato seguire la cerimonia di premiazione in televisione?

«A causa delle limitazioni anti-Covid non potevamo essere presenti tutte e in questo periodo sono anche impegnata sul set di una serie tv. È stato comunque emozionante. Poi è successo proprio all’inizio della cerimonia e subito dopo ho iniziato a ricevere tanti messaggi anche di amici dalla Sardegna. Inoltre mi hanno fatto molto piacere le parole di Valerio Mastandrea che ha avuto il compito di annunciare il vincitore: con simpatia ha detto delle cose davvero belle sul nostro mestiere, sottolineando l’importanza del ruolo di scrittura silenziosa, fatta di immagini e di atmosfere, che portano avanti gli scenografi».

Che esperienza è stata lavorare a “Volevo nascondermi” con Giorgio Diritti?

«Bellissima. Un’opera importante, toccante, sulla storia del pittore Ligabue. Mi ha reso davvero felice partecipare a un progetto così, per l’umanità che questo artista ha rappresentato, la diversità. Cosa che rende il film anche molto attuale, pur essendo ambientato nel passato. Come ha detto Giorgio Diritti, regista meraviglioso, è la storia di un uomo che in fondo è un po’ tutti noi. In piccola o grande parte».

Quali sono state le maggiori difficoltà nel lavorare al film?

«Quando fai film ambientati nel passato la prima difficoltà è trovare le location giuste e creare l’atmosfera adatta. Solitamente tutto parte con la lettura della sceneggiatura, ti fai così un’idea del progetto e dell’entità del lavoro. Poi c’è il contatto con il regista che ti spiega la sua visione, cosa vuole fare e inizia un rapporto di scambio. Ho avuto la fortuna di lavorare sempre con registi aperti da questo punto di vista, avanzando anche delle proposte visive. A volte è pura invenzione, altre attingi dalla pittura, altre ancora dalla fotografia. Si costruisce così pian piano un mondo».

Diritti è solo uno dei grandi registi con i quali ha lavorato. Tra gli altri ci sono Moretti e Sorrentino, per limitarsi a due nomi.

«Devo ringraziare tutti per la possibilità che mi hanno dato di crescere. Tra le tante esperienze mi piace ricordare quelle ormai di molti anni fa, quando era ancora assistente, per “Pane e tulipani” di Silvio Soldini e per diversi film di Carlo Mazzacurati, un grande regista che sapeva mettere nel suo cinema poesia e ironia».

Tra i registi con i quali ha collaborato c’è pure il sardo Paolo Zucca.

«Adoro Paolo! E devo ringraziarlo per avermi dato la possibilità con “L’uomo che comprò la luna” di lavorare in Sardegna per la prima volta. Era un mio desiderio, l’isola è sempre casa mia. E come ho letto la sceneggiatura mi sono innamorata della storia, tant’è che ho rinunciato ad altri progetti per partecipare».

E ora che altri sogni vorrebbe realizzare?

«Mi piacerebbe provare un western. Ma in generale continuare a fare il mio lavoro mantenendo una qualità alta. Mi considero fortunata a fare quello che mi piace e spero nel mio piccolo di essere un esempio per i giovani che in Sardegna sognano di intraprendere questo mestiere. Se una persona ci crede si può riuscire con le proprie forze».

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