La Nuova Sardegna

Storia della bambina che voleva essere Michael Jackson

di Costantino Cossu
Storia della bambina che voleva essere Michael Jackson

Esce oggi “Maicolgècson”. Nel nuovo romanzo  della scrittrice il mondo incantato di Remigia Porcu 

18 maggio 2021
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«Dora, Agata e Matteo fanno parte di una generazione che è diventata adulta nel pieno della crisi economica, sono cresciuti, nell’euforia degli anni Novanta, con la televisione commerciale che per la prima volta univa tutti da nord a sud, dalle campagne alle città. Cresciuti con la convinzione che se avessero studiato avrebbero potuto fare qualunque cosa. Ci siamo ritrovati, invece, a essere più poveri, instabili e confusi della generazione dei nostri genitori. Dora, Agata e Matteo provano però a vivere cercando comunque l’incanto; provano, dando per scontata la situazione generale, a non lasciarsi abbattere dal disincanto. L’instabilità, la frammentarietà delle loro vite, che ho cercato di rendere anche attraverso lo stile e la composizione della storia, è compensata dalla ricchezza di persone, occasioni, luoghi, studi e lavori, amicizie e amori». Così Paola Soriga in un’intervista del marzo 2018 sul suo penultimo libro, “La stagione che verrà” (Einaudi ). Ora che esce (oggi) il nuovo romanzo della scrittrice, “Maicolgècson” (Mondadori, 179 pagine, 17,50 euro), richiamare il suo precedente lavoro ha un senso preciso. C’è infatti un filo rosso che lega i due testi ed è l’attenzione che Paola Soriga riserva al passaggio della linea d’ombra che separa l’adolescenza dal pieno ingresso nell’età adulta. Ingresso in un mondo che non concede molto, segnato com’è da precarietà, solitudine e disillusione. A dir la verità, Remigia Porcu, la protagonista del nuovo libro, la linea d’ombra non la oltrepassa. La vede da lontano, perché è una bambina. La vede e vorrebbe che fosse come gliela fa sognare l’immaginario che inonda di luci e imbelletta di lustrini il decennio in cui è nata, gli anni Ottanta del secolo scorso.

Remigia il suo sogno lo attraversa con spensierata allegria. Vive nel profondo di un’isola in cui la lontananza non è solo un dato geografico. E’ molto di più. E’ un dato di cultura, ricco di connotazioni antropologiche, e che però si contamina in Remigia con lo spirito dell’epoca, «con la televisione commerciale – per dirla con le parole di Paola Soriga – che unisce tutti da nord a sud, dalle campagne alle città».

Corre esattamente l’anno 1980 quando Remigia nasce. Viene alla luce in un piccolo paese del Campidano, vicino a Cagliari, che potrebbe essere benissimo Uta, dov’è nata anche l’autrice. E’ scura che «sembra marocchina» e ha capelli ricci e crespi. «Somiglia a Michael Jackson», commenta uno zio quando la vede per la prima volta. Maicolgècson diventa il suo soprannome. Le resterà appiccicato senza possibilità di scampo, come ancora accade nelle minuscole comunità locali. Appiccicato come un destino. Figlia unica, Remigia vive in una famiglia allargata dove zii e zie, cugini e cugine tessono quotidianamente una rete di rapporti attraverso la quale i più piccoli socializzano, crescono. I cugini e le cugine più grandi ascoltano i Queen e Bob Marley, ma anche le canzoni di Sanremo. A poco a poco per la bambina il mondo della televisione e dello spettacolo diventa l’orizzonte della vita. E’ quello il mondo, lì Remigia sogna di vivere il suo futuro. L’hanno chiamata Maicolgècson? E lei come Michael Jackson vuole diventare. Prende lezione di canto, e siccome se la cava discretamente la maestra decide di mandarla in televisione, a un programma per piccoli cantanti condotto Sandra Milo. La bambina dai capelli di lana d’acciaio lascia l’isola per la prima volta. Gli studi della Rai a Roma, i riflettori, le telecamere, la vecchia diva del cinema sorridente sullo schermo e nelle quinte un mondo duro, poco ospitale per una bambina, freddo e a tratti cinico e spietato. Remigia ce la mette tutta, ma le cose non vanno proprio del tutto bene: cede all’emozione e piange quando non dovrebbe. Tutti in paese la vedono e lì, nella piccola comunità, diventa, nel bene e nel male, una celebrità assoluta, anche tra i compagni di scuola, i giudici più severi. Bisogna combattere contro la cattiveria dei coetanei e contro le idee che gli adulti hanno su che cosa dovrebbe essere il futuro di una bambina. Ma Remigia tiene duro. Il suo futuro sarà la musica. Lei vuole diventare come Madonna e come Laura Pausini.

C’è un motivo (uno solo) per cui vale la pena seguire ogni tanto i talent show che in tv hanno per protagonisti giovani aspiranti cantanti o magari cuochi. Vale la pena seguirli perché se si riesce ad astrarsi dal meccanismo dello show, dalla gara, dalla competizione, dalle domande dei conduttori e dalle risposte dei concorrenti meccanicamente indotte dagli adulti in ossequio a un copione banale e prevedibile, avviene un miracolo: sullo schermo appare, commovente, l’innocenza delle ragazze e dei ragazzi. Loro sono lì perché credono davvero che quello sia un mondo meraviglioso, il loro splendido futuro. Ebbene, la stessa toccante innocenza si manifesta, come in un’epifania, nelle pagine di “Maicolgècson”. Alla disillusione che isola e paralizza, Remigia risponde con un’irresistibile risata a scracallus. Come Dora, Agata e Matteo anche lei prova a vivere. Cerca, come può, di restituire al mondo un po’ d’incanto.

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