La Nuova Sardegna

L’INTERVISTA 

«Ecco il mio De Gregori»

«Ecco il mio De Gregori»

Si intitola “I testi – La storia delle canzoni”, è l’ultimo libro del giornalista Enrico Deregibus, biografo di Francesco De Gregori, dedicato al cantautore. Stavolta però non un racconto su di lui...

03 agosto 2021
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Si intitola “I testi – La storia delle canzoni”, è l’ultimo libro del giornalista Enrico Deregibus, biografo di Francesco De Gregori, dedicato al cantautore. Stavolta però non un racconto su di lui quanto sulla genesi e sulle storie nascoste dei suoi brani. Un’opera smisurata (supera le 700 pagine) che scorre però divertendo e affascinando.

L’autore è sbarcato in Sardegna, sarà ospite stasera a Sassari al festival “Fino a leggermi matto” in piazza Moretti e domani a Olbia alla libreria “Per filo e per segno”. Un libro non di critica musicale, lo spiega dalle prime pagine.

Nel racconto dei testi lei unisce analisi, commento personale, interviste, aneddoti.

«L’intento era realizzare qualcosa il più possibile documentato, con una grande mole di dati, ma proposto in modo divulgativo, piacevole, con l’aneddoto, la svirgolatura simpatica. I miei commenti personali invece li considero le cose meno importanti, possono essere spunti per far dire al lettore “sono d’accordo” oppure no».

D’accordo la passione da ascoltatore, ma cosa l’ha portato a decidere di scrivere su e di De Gregori?

«La passione è nata da ragazzino, tra gli anni ’70 e ’80 con amici ci appassionammo ai cantautori italiani. Affiancai la passione per il giornalismo, raccoglievo articoli, interviste, recensioni, in particolare su di lui. Nel tempo ho cominciato a fare il giornalista come lavoro, insieme all’organizzatore di eventi, e mi è venuto spontaneo immaginare un mio libro su qualcuno. Ho pensato subito a Francesco De Gregori e Paolo Conte, poi ho fatto la mia scelta e da lì ho iniziato. Nel 2003 ho pubblicato la sua biografia (“Quello che non so, lo so cantare”). Negli anni ho accumulato materiale, la cartella su di lui conta circa duemila documenti; nel 2015 una nuova biografia (“Mi puoi leggere fino a tardi”) e ora questo dedicato ai testi».

Ecco, in tempi dove l’abitudine a comprare i dischi e leggere i libretti al loro interno è quasi scomparsa, la presenza integrale di testi nel volume può essere d’aiuto a evitare le storpiature che si trovano su internet?

«Su internet ci sono molti errori, è vero, questi testi invece li ha controllati De Gregori uno a uno. Non a memoria, proprio ascoltando le canzoni. L’idea di inserirli l’ha suggerita lui, voleva ci fosse un posto dove trovarli ed evitare versioni sbagliate. Cito un aneddoto che mi ha raccontato: qualche tempo fa cercava su internet il testo de “La storia” e a un certo punto al posto del verso “Nessuno si senta offeso” ha trovato scritto “Nessuno si senta un fesso”».

Ma a furia di scrivere delle sue canzoni, ha trovato quella che le piace di più?

«Ovviamente ogni giorno la canzone preferita cambia, ma ho due risposte: “Caterina” del disco Titanic per una questione personale. La trovo bellissima, ed è il suo primo disco che ho ascoltato con consapevolezza, anche se molto giovane. Poi ho conosciuto Caterina Bueno, cantante e ricercatrice di musica popolare toscana, e la cosa mi ha legato ancora di più al brano. L’altra è “Bene” dal disco del ’74, credo che tra le canzoni poco conosciute sia la più bella e più di culto».

In che modo la musica di De Gregori si è sviluppata?

«Se c’è una cosa che lo caratterizza, è che ha cambiato il modo di scrivere canzoni in Italia. Se pensiamo ai testi ha un modo di scrivere che salta alcuni passaggi logici, lascia spazio all’immaginazione, pesca dall’inconscio. Certo, se prendi “Signora aquilone”, che è la canzone che reputa la sua prima, dove aveva 21 anni, ha cambiato anche molto. Sulla musica, è stato uno dei primi a risentire dell’influsso americano e ha assorbito molto dalla musica popolare italiana. Magari ecco proprio in Sardegna, o in alcune zone del sud, è presente in maniera forte, ma al centro-nord è andata persa».

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