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Antonio Taormina: «John Lennon, genio oltre i Beatles»

Antonio Taormina: «John Lennon, genio oltre i Beatles»

John Lennon, icona imprescindibile per gli sviluppi, da lui in poi, della musica ma anche un creativo totale, lontano dalla effige classica della pop star, uno scrittore e un poeta, un rivoluzionario...

30 agosto 2021
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John Lennon, icona imprescindibile per gli sviluppi, da lui in poi, della musica ma anche un creativo totale, lontano dalla effige classica della pop star, uno scrittore e un poeta, un rivoluzionario per lo show business e un pioniere della comunicazione globale. Ne hanno parlato ieri nell’ultima giornata del festival Licanìas a Neoneli il giornalista Maurizio Pratelli e Antonio Taormina, docente universitario, autore, esperto del fenomeno Beatles e curatore delle edizioni italiane dei tre libri scritti da Lennon, nell’incontro dal titolo “Imagine”.

Professor Taormina, chi era Lennon oltre i Beatles?

«Ecco dice bene, non dopo lo scioglimento della band, ma anche durante tutta la sua vita Lennon è stato capace di guardare oltre e percorrere diversi sentieri. Intanto fin da giovanissimo scrive per la rivista “Mersey Beat”, voce del mondo giovanile di Liverpool, e legge tantissimo. In una intervista del ’65 gli viene chiesto se la sua scrittura è fatta per avvicinare il mondo degli adulti (la musica dei Beatles era vista come una passione per adolescenti) Lennon risponde che la chitarra per lui viene dopo la letteratura. Le tracce di questa passione rispuntano spesso anche nei testi delle canzoni. Sono noti i film dove ha recitato (Come ho vinto la guerra) ma aveva partecipato anche alla scrittura del musical off-Broadway “Oh! Calcutta!”, insieme a firme del calibro di Samuel Beckett e Sam Shepard. Oltre naturalmente ai suoi testi ai suoi straordinari giochi di parole».

Un intellettuale, un creativo vulcanico e immaginifico quindi...

«Diciamo che si atteggiava a finto naif, ma conosceva molto bene la scena culturale contemporanea e aveva un forte interesse per molti settori. In un’intervista per Playboy sulla fede risponde che il vero cristianesimo per lui è quello gnostico. Una meditazione profonda che svela perfino un interesse per la teologia».

Lennon era della generazione dei figli della guerra, quanto ha influito nella sua opera?

«Molto, Liverpool era una città povera, ma c’è un tratto generazionale: la voglia di aprire nuovi orizzonti e di lasciarsi molte cose alle spalle. Le scuole d’arte, come quella che frequenta, aperte in quegli anni, danno una possibilità anche alle classi che nel Regno Unito erano tradizionalmente tagliate fuori dalla cultura. Occasione per svelare un mondo di creatività».

Una città portuale, i vinili da oltreoceano...

«Un altro elemento importante. Non dimentichiamoci che la condivisione di qualsiasi cosa era davvero complicata. Tutto è nato e cresciuto per coincidenze fortunate di tanti elementi».

È stato, lei svela, anche un grande comunicatore?

«Un pioniere con una straordinaria capacità di sintesi con le parole. Nel ’69 lavora a un progetto globale via satellite per lanciare il suo messaggio “Give Peace a Chance”. Evento che naufraga per l’inadeguatezza della tecnologia dell’epoca. Ma intuisce che esistono persone che si riconoscono, in tutto il mondo, in un unico messaggio».

Cosa avrebbe fatto se non avesse incontrato la pistola di Chapman?

«Chi lo sa? Certamente aveva anche grandi capacità imprenditoriali e riusciva a vedere lontano, come aveva ricordato Steve Jobs, per cui era stato di ispirazione. Resta il suo messaggio, fortissimo nel mondo anglofono, tanto potente che negli Usa Lennon era stato osteggiato e controllato da Cia e Fbi. La barriera della lingua, ancora poco diffusa in Italia in quegli anni, non ha permesso che le sue parole potessero arrivare con tutta la loro forza anche da noi. Da citare a proposito le orrende traduzioni di “Imagine” in italiano per mano di Paolo Limiti e Gino Paoli».

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