La Nuova Sardegna

Nada racconta: «Resto la bimba degli Anni 60»

Alessandro Pirina
Nada racconta: «Resto la bimba degli Anni 60»

La cantante a Carloforte si racconta tra il film sulla sua vita e la carriera. «Oggi scrivo, canto e suono: è la mia dimensione. Sorrentino, grazie»

30 agosto 2021
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La bambina che non voleva cantare non ha mai smesso. Meno male, bisogna aggiungere. Perché la voce, la grinta, la presenza scenica sono le stesse di quel 30 gennaio del 1969, quando dal palco del Casinò di Sanremo con poche strofe incantò l'Italia. "D'inverno il sole stanco a letto presto se ne va, non ce la fa più". Era l'esordio di Nada. Aveva 15 anni, ora ne ha 67, ma sabato sul palco di Carloforte non sembrava fossero passati 52 anni. Il suo entusiasmo è lo stesso di allora, e anche il calore del pubblico è il medesimo. Ospite del festival "Creuza de Mà", la cantante di Gabbro, provincia di Livorno, ha regalato ai fan - anche tanti giovani - una serata da antologia. Ovviamente ha cantato le sue hit, da "Ma che freddo fa" ad "Amore disperato", a "Senza un perché", riscoperta da Sorrentino per "The young pope", ma anche le sue canzoni più recenti, forse meno popolari, ma di certo non meno belle. E dopo il bagno di folla di sabato, ieri Nada Malanima ha presentato al festival diretto da Gianfranco Cabiddu anche il film per la televisione sulla sua vita, "La bambina che non voleva cantare". Con lei a Carloforte anche la regista Costanza Quatriglio.

Ma non è la prima volta di Nada a Carloforte. C’era già stata nel 2009, sempre all’interno di “Creuza de Mà”, e sempre con Costanza Quatriglio, per presentare il documentario sulla sua vita, tratto come il film tv dalla sua autobiografia, “Il mio cuore umano”.

Nada, bentornata a Carloforte.
«Che strana la vita, ero venuta con Costanza per il documentario. Ci avevano preso a Locarno e qui. Lei voleva fare il film già da allora, perché aveva letto il libro e lo aveva sentito molto suo. Poi per una serie di ragioni non si riuscì e si fece il documentario. All’inizio - se devo essere sincera - la cosa mi lasciò perplessa, perché di solito i documentari si fanno per chi non c’è più. Ma lei mi ispirò fiducia, amava il libro e mi sono affidata a lei. È uscito un lavoro bellissimo, per nulla retorico e nostalgico. Un racconto umano su un percorso di vita».

Dodici anni dopo di nuovo a Carloforte con il film.
«Costanza mi diceva: prima o poi lo farò. Sono passati tanti anni e alla fine c’è riuscita. E ora siamo qui per presentarlo. Costanza si è avvicinata al libro con molta delicatezza e sensibilità. Ha scelto il rapporto della bambina con la madre, era un lavoro delicato, anche perché è una storia vera, ma il risultato è stato bellissimo. Un lavoro semplice ma profondo. Diciamo che il cerchio si è chiuso bene».

Cosa resta oggi in Nada di quella bambina che non voleva cantare?
«Ho scritto il libro tanti anni fa e l’ho riletto prima di iniziare le riprese del film. Come l’ho finito ho detto all’editore: “ma io sono ancora quella bambina”. Leggendo mi ci sono riconosciuta. Fa un po’ strano perché ora sono adulta, ma il mio modo di rapportarmi alle cose è lo stesso di allora».

Nel film le protagoniste sono tutte donne forti. Qual è la forza delle donne?
«Credo sia il dolore, noi ci sappiamo convivere. Sappiamo riconoscerlo, tenerlo a bada e riusciamo anche a farlo diventare una forza. Non che gli uomini non ci riescano, ma nella nostra vita il dolore è una costante. Le donne che racconto nel libro hanno un grande spirito di sacrificio. Una parola un po’ scomparsa. Il sacrificio non è solo un fatto religioso, ma significa fare qualcosa per qualcosa, rinunciare. Per me è un aspetto importante. Le donne che erano intorno a me non lo sentivano come una fatica: era un atto d’amore».

È sulla scena da 52 anni: si sente una privilegiata?
«Sicuramente sono fortunata perché ho la possibilità di esprimermi, comunicare. Ma tutti siamo creativi, anche chi fa un piatto o cuce un vestito. Io sono privilegiata, perché ho la possibilità di fare quello che faccio, ma tutti siamo esseri eccezionali. Io non mi sento su un piedistallo anche se faccio tante cose».

Le sue canzoni hanno spesso fatto da colonna sonora al cinema, da Archibugi a Luchetti, a Sorrentino: come nascono queste collaborazioni?
«Sono loro che scelgono le mie canzoni e ogni volta ne sono onorata. La cosa più bella mi è successa con Sorrentino. Ha scelto una canzone, “Senza un perché”, che quando è uscita non era stata scoperta dal pubblico. Lui invece ha capito l’essenza di quel brano, la sua comunicabilità anche nella sua semplicità, e l’ha fatta conoscere. Lui mi ringrazia sempre, ma sono io che ringrazio lui».

Nella sua carriera alterna pop e canzone d’autore: qual è la dimensione di Nada?
«Io credo che quando una canzone viene definita rock, pop, d’autore lo si fa solo per identificarla. I generi hanno tutti cose valide e altre meno. Io ho tanti modi di comunicare. Ho attraversato tanto tempo, finché sono arrivata a scrivere le parole, la musica, a suonare. Questo è quello che mi piace. Ho trovato la mia dimensione».

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