La Nuova Sardegna

Simone Pittau: «Porto i big, per i giovani sardi è linfa vitale»

Gabriella Grimaldi
Simone Pittau: «Porto i big, per i giovani sardi è linfa vitale»

Il direttore d’orchestra di Sanluri spiega come fa a riempire i suoi festival di star

16 novembre 2021
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Ma con il bisnonno Gesuino contadino e trombonista, il nonno dedito anche lui ai fiati, il padre Francesco flautista, gli zii Antonio oboista e Orlando fagottista, la sorella Francesca pianista professionista come minimo Simone Pittau doveva dirigere la London Simphony Orchestra. Non è una battuta, è esattamente così che sono andate le cose. Questo cinquantenne di Sanluri, nato cresciuto in mezzo ai campi di grano e alle note, grazie a una forza di volontà sterminata – come ce l’hanno soltanto i musicisti di classica –, a una ferrea determinazione e al non poco talento a 30 anni è salito sul podio della celebre formazione britannica e in questo momento ha già alle spalle una carriera stellare, tra cui vanno annoverati concerti in tutto il mondo come violinista e come direttore d’orchestra e una collaborazione strettissima per ben 17 anni con il maestro Ennio Morricone che ha affiancato nelle sue avventure compositive che lui definisce «uniche e irripetibili purtroppo interrotte dalla scomparsa di un maestro incommensurabile».

Con queste premesse non è neanche tanto strano che oggi Simone diriga artisticamente due festival con la sua associazione Sardinia Pro Arte - uno di musica classica a Santu Lussurgiu e uno di jazz in tutta la Sardegna - che ogni anno richiamano nell’isola, anzi nei suoi luoghi più sperduti, artisti di fama mondiale. Ultima “puntata” quella a Mogoro nel cuore della riflessiva Marmilla (Oristano), dove sono saliti sul palco del sorprendente Teatro Comunale (opera, è evidente, di un’amministrazione locale intraprendente) mostri sacri come Bill Evans, Mike Stern, Kenny Garrett e Dave Weckl.

Davvero “tanta roba”. Ma come riesce a convogliare talenti di questo livello in un’isola dove tutto sembra più difficile?

«Con un pizzico di follia e moltissima passione. Quando mi sono trasferito a Londra dopo il diploma in violino al Conservatorio di Cagliari mi si è aperto un mondo. Ho capito che in quel Paese i giovani vengono valorizzati e se valgono hanno tante opportunità. In Italia è tutta un’altra storia. Ecco, volevo creare un progetto che desse la possibilità di diffondere la buona musica, di coinvolgere gli studenti dei Conservatori sardi, di creare quelle opportunità che qui non ci sono, che io ho avuto».

E quindi è tornato in Sardegna.

«In realtà sono tornato per il servizio militare e da allora ho base a Sanluri dove sono sposato e ho due bambini. Naturalmente continuo a svolgere la mia professione in giro per il mondo (a parte questi due anni di standby per la pandemia) ma mi considero cittadino di due nazioni: la prima è la Sardegna e la seconda la Gran Bretagna. La prima voglio contribuire a cambiarla in meglio».

Come mai questo amore per il jazz da parte di un musicista classico?

«Ritengo che la musica sia un’unica lingua. Per me non esistono generi, c’è la musica buona e quella cattiva. Ho ascoltato fin da bambino tutta la musica possibile, fra cui tanto jazz, così ho deciso di realizzare i miei due progetti sui fronti della classica e del jazz. L’importante è che il livello sia sempre alto».

Come è possibile organizzare rassegne così prestigiose? Valgono più i fondi pubblici, le conoscenze artistiche o che cosa?

«Primo, tengo a precisare che i fondi pubblici che abbiamo noi sono irrisori rispetto a quelli che ottengono altre associazioni più “blasonate”, i fondi li recuperiamo con una sorta di “colletta” fatta fra gli enti locali e gli sponsor privati che cerchiamo uno a uno. Secondo, non ho conoscenze fra gli artisti o i loro manager ma ho conoscenze artistiche perché io stesso sono musicista e penso che sia un requisito indispensabile. Terzo, c’è dietro tanto ma tanto lavoro organizzativo svolto nel tempo e con grandissimo anticipo».

Insomma, nessun segreto ma tanta dedizione.

«Esatto e voglio aggiungere che tutto quello che sto facendo oggi in Sardegna è il frutto degli anni trascorsi a Londra dove ho imparato a misurarmi con la fatica, certo, ma anche che i ragazzi hanno diritto ad avere una chance. Ed è quello che io voglio realizzare per i giovani sardi».

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