La Nuova Sardegna

1931. Voleva uccidere Mussolini, ma era solo un pensiero: fucilato l'anarchico Schirru

di Manlio Brigaglia, 28 settembre 2010
L'anarchico Michele Schirru (1899-1931)
L'anarchico Michele Schirru (1899-1931)

L'idea maturata negli Usa. L'avventuroso ritorno in Italia: conosce una ballerina, non combina nulla, arrestato si autoaccusa

20 novembre 2021
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«Lui è alto, biondo, gli occhi celesti. Sa l'italiano, e non soltanto il dialetto. È mediamente istruito, con letture di Marx, Voltaire e Rousseau che lo hanno aiutato a una più alta agilità intellettuale. Gli altri emigranti italiani debbono arrendersi a lavori pesanti o far da scoiattoli sopra i ponti in costruzione sull'East River. Lui no, è specializzato, è meccanico provetto, ha dietro le spalle un padre impiegato di banca a New York, può scegliersi il lavoro». È il ritratto di Michele Schirru, da Padria, ventun anni, che arriva in America. È il 1920. Negli Stati Uniti comincia un decennio dominato non soltanto dalla red scare, una vera epidemia di «paura del rosso», ma da una serie ininterrotta di attentati terroristici tutti attribuiti agli anarchici e da un'ondata di aggressioni della polizia, arresti, persecuzioni e processi. È il decennio che ha al centro il processo e la condanna alla sedia elettrica di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti (...)

All'inizio dell'altro decennio anche Michele Schirru, anarchico come loro, finirà davanti al plotone d'esecuzione. La sua storia è stata racconta nel 1983 da Giuseppe Fiori in un saggio esemplare. Il libro, edito da Mondatori, si intitolava «L'anarchico Schirru: condannato a morte per l'intenzione di uccidere Mussolini». Nel 1990 l'autore ne curò una nuova edizione per Laterza, nuovo titolo «Vita e morte di Michele Schirru: l'anarchico che pensò di uccidere Mussolini». La terza edizione, uscita da Garzanti, s'intitola «L'anarchico Schirru. L'uomo giustiziato per aver pensato di uccidere Mussolini». (...)

Il cambiamento dei termini (l'intenzione/pensò/aver pensato) è dovuto alla paradossalità della storia: un uomo che viene condannato a morte non per avere ucciso Mussolini e neppure per avere tentato di farlo. Col processo a Schirru, dice Fiori, «si offre ai “giudici” l'occasione di applicare la regola nuova di Alfredo Rocco, inusuale nel mondo civilizzato, per cui, ai fini della pena, il tentativo ha la stessa gravità del delitto consumato». Non basta: «L'intenzione è atto? Pensare di compiere un delitto è uguale ad avere tentato di compierlo?». Il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato è un'invenzione del guardasigilli fascista, varata con le leggi eccezionali dopo l'attentato di Anteo Zamboni, ottobre 1926. È speciale per diversi motivi: perché i suoi «giudici» (le virgolette sono di Fiori) sono alti ufficiali dell'Esercito o della Milizia fascista, perché non è un tribunale militare ma giudica secondo il codice militare; perché non è previsto l'appello, perché può comminare la pena di morte, che il fascismo riesuma per l'occasione.

Il «progetto» di Schirru è figlio della sua formazione e dell'ambiente in cui è vissuto in America. Nato a Padria, a due anni si è trasferito a Pozzomaggiore: e qui nell'officina di mastru Billia Ruggiu ha imparato un mestiere e dal muratore mastru Antonio Solinas Chessa ha assorbito bambino ancora come dirà «le idee libertarie». A otto anni mastru Solinas lo mandava a distribuire volantini di propaganda socialista. In America ha frequentato da subito gli ambienti anarchici, a cominciare dal suo più grande amico, Joe Meloni, pozzomaggiorese anche lui. Ha scritto sui giornali anarchici, si è scontrato infinite volte con la polizia e con i fascisti, è stato anche arrestato.

Da questo ambiente indirettamente o direttamente che sia nasce la sua mission, uccidere Mussolini: «Fin dal 1923 pensavo che per stroncare la tirannia bisogna stroncare il tiranno». Sbarca a Le Havre il 13 febbraio 1930. Pochi giorni dopo, mentre lui gira per l'Europa protetto, più che dal passaporto americano, dal suo aspetto fisico e dalla sua eleganza nei modi e nel vestire, la polizia di Bocchini scatena una grande caccia all'uomo. Fiori la ricostruisce momento per momento, seguendo i cento fili della rete che si aggroviglia intorno a lui: una rete piena di smagliature, che non impedisce a Schirru di arrivare in Italia il giorno della Befana del 1931. Conosce una ballerina, Anna Lukovska, con cui, di colpo, sembra dimenticare lo scopo del suo viaggio. Sarà il rimorso di questo «tradimento» a spingerlo a tentare di uccidersi quando viene arrestato, il 13 febbraio, e ad accusarsi dell'idea di uccidere Mussolini quando viene portato davanti al Tribunale speciale, il 28 maggio.

Non c'erano altri testimoni d'accusa, dice Fiori, l'unico accusatore è lui. Forse pensa che non potrebbe tornare a fronte alta in America, dopo il tempo che ha «sprecato». Viene fucilato alle 4.27 del giorno dopo, perché, scrive «L'Osservatore romano», «reo di aver avuto l'intenzione di uccidere il capo del governo italiano».

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