Il paradiso perduto e la casa cupola in Gallura
Il sogno ispirato al Pantheon dell’architetto Dante Bini sulle scogliere di Trinità D’Agultu
27 novembre 2021
2 MINUTI DI LETTURA
TRINITÀ D’AGULTU. L’imminente ciak di “Tecnicamente dolce” riporta alla mente la lunga storia di Michelangelo Antonioni in Gallura. La sua ricerca del paradiso perduto e il sogno futurista di quella casa-cupola ispirata al Pantheon di Roma, ma anche simile a un’astronave, costruita tra il 1968 e il 1971 su progetto dell’architetto Dante Bini.
La folgorazione per il litorale selvaggio di Trinità D’Agultu è però ancora precedente. Nel 1964 il regista gira con la sua musa Monica Vitti il celebre “Deserto rosso” a Budelli. Lì conosce l’imprenditore Pierino Tizzoni, proprietario dell’isola e interessato alla costruzione di un grande villaggio turistico affacciato sul mare selvaggio tra Trinità e Aglientu. L’ultimo pezzo di terra di quella lottizzazione, Costa Paradiso, Tizzoni lo ha ceduto ad Antonioni.
Pochi anni dopo, nel 1968, Monica Vitti e Michelangelo Antonioni conoscono Dante Bini, architetto visionario, che racconta il nuovo sistema costruttivo che sta perfezionando. Il maestro, entusiasta, a quel punto affida all’architetto la progettazione della villa. La Cupola viene costruita tra il 1968 e il 1971 – Bini a Costa Paradiso ne costruisce due, una grande per il regista e una più piccola nel lotto a fianco – diventando presto un capolavoro di architettura, conteso tra libri, riviste specializzate e documentari. La Soprintendenza alle Belle arti di Sassari e Nuoro ha posto un vincolo sull’edificio per preservarlo da qualunque mira speculativa. Un pericolo concreto, visto il furore edilizio che ha trasformato Costa Paradiso in una colata di cemento e mattoni con vista sul mare.
Oggi la Cupola è un monumento al degrado, ma nonostante lo stato di abbandono non rischia di crollare. «La struttura è ben solida – dice l’architetto olbiese Giovanni Fara, che in quella casa aveva frequentato Enrica e Michelangelo Antonioni –. Sono necessari interventi di manutenzione, ma la casa può ritornare allo splendore di un tempo».(m.b.)
La folgorazione per il litorale selvaggio di Trinità D’Agultu è però ancora precedente. Nel 1964 il regista gira con la sua musa Monica Vitti il celebre “Deserto rosso” a Budelli. Lì conosce l’imprenditore Pierino Tizzoni, proprietario dell’isola e interessato alla costruzione di un grande villaggio turistico affacciato sul mare selvaggio tra Trinità e Aglientu. L’ultimo pezzo di terra di quella lottizzazione, Costa Paradiso, Tizzoni lo ha ceduto ad Antonioni.
Pochi anni dopo, nel 1968, Monica Vitti e Michelangelo Antonioni conoscono Dante Bini, architetto visionario, che racconta il nuovo sistema costruttivo che sta perfezionando. Il maestro, entusiasta, a quel punto affida all’architetto la progettazione della villa. La Cupola viene costruita tra il 1968 e il 1971 – Bini a Costa Paradiso ne costruisce due, una grande per il regista e una più piccola nel lotto a fianco – diventando presto un capolavoro di architettura, conteso tra libri, riviste specializzate e documentari. La Soprintendenza alle Belle arti di Sassari e Nuoro ha posto un vincolo sull’edificio per preservarlo da qualunque mira speculativa. Un pericolo concreto, visto il furore edilizio che ha trasformato Costa Paradiso in una colata di cemento e mattoni con vista sul mare.
Oggi la Cupola è un monumento al degrado, ma nonostante lo stato di abbandono non rischia di crollare. «La struttura è ben solida – dice l’architetto olbiese Giovanni Fara, che in quella casa aveva frequentato Enrica e Michelangelo Antonioni –. Sono necessari interventi di manutenzione, ma la casa può ritornare allo splendore di un tempo».(m.b.)