La Nuova Sardegna

1917-2020. Angioni, Mannuzzu, Todde: l'addio ai padri fondatori della scuola sarda del giallo

di Salvatore Tola
Salvatore Mannuzzu
Salvatore Mannuzzu

07 gennaio 2022
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Nel giro di poco tempo la Sardegna ha dovuto dare l’ultimo saluto a tre scrittori che hanno lasciato tracce profonde nella letteratura, non solo isolana: nel giugno 2017 è scomparso Giulio Angioni, classe 1939, docente di Antropologia culturale nell’Università di Cagliari; nel settembre 2019 Salvatore Mannuzzu (nato nel 1930), magistrato e parlamentare; nel luglio 2020 Giorgio Todde (1951), medico oculista. Ci sono altri elementi, oltre al fatto di aver svolto ruoli impegnativi, che li accomunano. Tutti e tre, ad esempio, hanno collaborato, sia pure a vario titolo e con diversa intensità, a questo quotidiano. Ma soprattutto hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo di quel filone che va dal giallo al «noir», passando magari per il «thriller».

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Per primi Mannuzzu e Angioni, perché furono i loro romanzi che, usciti entrambi nel 1988, indussero Oreste del Buono a parlare di una «scuola sarda del giallo». Per Angioni, che aveva già pubblicato un libro di racconti, «L’oro di Fraus» era il primo romanzo: ambientato in un paese per il quale si era ispirato a quello suo natale, Guasila, prendeva l’avvio dall’uccisione di un bambino; seguivano le indagini condotte da un’originale figura di sindaco. Per Mannuzzu «Procedura» era quasi un esordio perché, dopo aver firmato con uno pseudonimo «Un Dodge a fari spenti» nel lontano 1962, aveva pubblicato solo poche poesie. La sua storia è ambientata in una Sassari che vuole essere una qualsiasi città d’Italia, o d’Europa, e racconta di un magistrato che deve fare luce sulla morte per avvelenamento di un collega: e scopre i pochi pregi e le tante colpe della comunità.

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Il romanzo di esordio di Todde è arrivato nel 2000: intitolato «Lo stato delle anime», è ambientato ad Abinei, paese immaginario ma simile a molti nell’isola, e inizia con la morte violenta della donna più ricca. Per le indagini il medico condotto chiama da Cagliari Efisio Marini, il famoso «pietrificatore» di cadaveri realmente esistito. Todde gli ridarà qual ruolo anche in seguito, a più riprese. E di fatto è stato, dei tre, quello che si è dedicato più intensamente al filone individuato da Del Buono, facendo da guida ai tanti che si sono uniti nel coltivarlo.

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