La Nuova Sardegna

Wagamese, lungo viaggio sotto le stelle del Canada

Wagamese, lungo viaggio sotto le stelle del Canada

Nel romanzo firmato da uno dei maggiori scrittori indigeni nord americani  la storia del difficile rapporto tra un vecchio nativo Ojibwe e suo figlio

16 gennaio 2022
3 MINUTI DI LETTURA





«Starlight era il nome dato a quelli che avevano ricevuto gli insegnamenti del Popolo delle Stelle. Molto tempo fa. Secondo la leggenda scendono dalle stelle in notti come questa. Notti serene. Si siedono con la gente e raccontano delle cose. Storie perlopiù, sulla natura delle cose. Ai più saggi veniva insegnato di più. Alla nostra gente. Gli Starlight. Noi eravamo destinati a essere maestri e cantastorie». Quella del Popolo delle stelle è una leggenda degli Ojibwe, comunità indigena del Canada. A parlarne è Eldon Starlight, un vecchio Ojibwe giunto al termine dei suoi giorni. Solitudine, alcolismo e malattia sono il suo orizzonte presente. Gli è rimasto un unico desiderio: quello di essere sepolto come un guerriero della sua antica gente. Ma, ormai morente, non ha le forze per realizzarlo da solo. L’unico che può aiutarlo è Franklin, il figlio sedicenne. Figlio abbandonato neonato, non cresciuto dai suoi genitori. Naturale, quindi, che quando Eldon ricompare e manda a chiamare Franklin per chiedergli aiuto, il ragazzo all’inizio esiti. Poi però accetta. Raggiunge il vecchio genitore e insieme con lui inizia un lungo viaggio attraverso le incantate foreste del Canada sino al luogo scelto per la sepoltura del vecchio. Compiuto attraverso una natura di straordinaria bellezza, il viaggio è un percorso doloroso, ma alla fine liberatorio, lungo tutta la vita di Eldon.

Padre e figlio sono i protagonisti di “Le stelle si spengono all’alba” (La Nuova Frontiera, 251 pagine, 17,50 euro), romanzo di Richard Waganese, uno dei maggiori scrittori indigeni nord americani, morto nel 2017. Wagamese ha dato vita a un personaggio, Eldon, che ha dentro un universo di storie. L’infanzia, innanzitutto: «La fatica e il duro lavoro e il continuo spostarsi, inseguendo un’occupazione dopo l’altra. La sua idea di famiglia racchiusa nell’abbraccio condiviso di una storia», le parole della madre riparo dall’orrore del mondo. Poi però l’orrore prende il sopravvento. Eldon non ha forza bastante per fronteggiarlo. «La sua storia, tutta una trama di sangue, lacrime e partenze improvvise, come un osso che si spezza». Cede, a poco a poco scivola nell’alcolismo, sino al male che lo uccide. La perdita più grande, quella che spiega l’abbandono di Franklin appena nato.

Per una vita intera Eldon ha tenuto dentro di sè tutto. Ora, durante il viaggio estremo verso la fine, rompe il silenzio, racconta al figlio. E il racconto, le parole, tessono una trama che ricompone, insieme, un equilibrio interiore, quello del vecchio Ojibwe, e il rapporto tra il padre e il ragazzo. Le parole non cancellano il dolore, ma provano a dargli un senso, come quando, nelle notti serene, il Popolo delle stelle scende sulla Terra e sino all’alba si siede con la gente Ojibwe per raccontare, per intrecciare storie «sulla natura delle cose».

Wagamese, di cui avevamo già letto apprezzato nel 2019 “Cavallo indiano” (Bompiani), ha scritto un libro in cui l’essenzialità della scrittura diventa un potente strumento di verità: nessuna facile consolazione. La consapevolezza, invece, che di fronte al dolore che stringe il mondo l’unica salvezza è affidarsi ai cantastorie, al potere delle parole.

In Primo Piano
L’intervista in tv

Alessandra Todde: «L’Italia non è il paese della felicità che racconta la premier Giorgia Meloni»

Le nostre iniziative