La Nuova Sardegna

L’intervista

Gad Lerner e Silvia Truzzi: «Nei temi del giovane Gramsci c’è già il suo pensiero politico»

di Alessandro Pirina
Gad Lerner e Silvia Truzzi: «Nei temi del giovane Gramsci c’è già il suo pensiero politico»

I due giornalisti a Cagliari e San Gavino con lo spettacolo sul grande intellettuale del Novecento e fondatore del Pci

02 novembre 2023
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Con lo spettacolo sono già stati a Livorno, Milano, ma lo sbarco in Sardegna ha il sapore di una prima. Anche perché per quei testi unici, così preziosi, si tratta di un ritorno a casa, dove tutto è nato. Gad Lerner e Silvia Truzzi portano nell’isola “Il sogno di Gramsci/I temi liceali di un giovane ribelle”: il 9 novembre al Teatro Massimo di Cagliari e l’indomani a San Gavino, due appuntamenti firmati dal Cedac. Un inedito ritratto di Antonio Gramsci attraverso alcuni suoi scritti liceali, ritrovati nella primavera del 2022, in cui sono già presenti alcuni fondamenti del suo pensiero, a partire dall'idea della cultura come strumento di crescita personale e sociale.

Cosa vi ha colpito di questi testi?

LERNER: «La precocità straordinaria, l’erudizione di un ragazzo povero arrivato da un anno da Ghilarza, che - racconta lui - rinunciava al caffè del mattino per risparmiare, per soddisfare la sua sete di cultura. Questo lo ha portato a scrivere questi testi, che a Cagliari saranno letti da uno studente del Dettori, il liceo dove lui era arrivato nel 1911. Gli studiosi, dopo avere accertato l’autenticità di questi scritti, hanno sottolineato che quel Gramsci ventenne anticipa temi chiave del suo pensiero politico. Nel primo tema fa riferimento all’americanarsi dell’Europa. Fa un certo effetto vedere come un ragazzo che non ha mai visto l’America né nei telefilm né sui social abbia intuizioni di questo tipo».

TRUZZI: «Anche a me ha colpito la straordinaria capacità di visione, di analisi della società. Eppure era un ragazzo giovanissimo con un curriculum scolastico accidentato. All’epoca poi non c’era Wikipedia, e nemmeno le enciclopedie, ma lui aveva un intelletto straordinario e precocissimo. Penso al tema su Giacomo Leopardi. Le loro sono due biografie per certi versi speculari: morti a cento anni di distanza, stessa malattia, stesso pessimismo. Nel tema lui cita a memoria lo Zibaldone laddove Leopardi pregava i suoi detrattori di non incolpare dei suoi ragionamenti i suoi malanni. Questo colpì molto il giovane Antonio».

Trovate differenze con il pensiero del Gramsci adulto?

LERNER: «Mi sforzo di cercarne. È sicuramente un Gramsci filosoficamente ancora idealista, ma lui abbina già questa speculazione filosofica all’impegno sociale. Ha già un senso della giustizia fortissimo: denuncia le condizioni abitative della campagna sarda e anche delle città».

Siamo al liceo a Cagliari. In questi temi si ritrova uno sfondo sardo?

LERNER: «Nella sua personalità è fortissimo lo sfondo sardo. Lui è bilingue e resterà così anche a Torino. In questi testi mi colpisce il ragazzino di Ghilarza che ha uno sguardo sul mondo così potente».

TRUZZI: «Per Gramsci il sardo è la lingua della crescita, degli affetti. Quando sta male in carcere delira in sardo. Il sardo è la lingua dell’amore, della mamma Peppina, esempio di donna fondamentale. In Gramsci è molto forte l’anticipazione del tema femminile. Lui era convinto che la donna fosse due volte sfruttata e questo lo doveva a Peppina. Quando il padre fu arrestato lei fece 200 lavori per sfamare i sette figli. In una lettera alla sorella scrive: “se non ci fosse stata una donna come lei noi saremmo stati tutti morti”».

Il suo primo incontro con Gramsci?

TRUZZI: «Ho abitato per tutta la vita a Mantova in piazzale Antonio Gramsci. E come spesso accade quando sei piccola vuoi sapere dove abiti e così chiesi a mio padre chi era questo signore. A casa mia, famiglia molto di sinistra, avevamo tutte le opere gramsciane».

LERNER: «Il primo collettivo politico in cui militai nel 1969-70 si chiamava Gruppo Gramsci. Sul palco racconteremo la sua idea di democrazia dal basso, del consiglio di fabbrica, dell’operaio produttore che diventa classe dirigente».

Odio gli indifferenti è uno dei testi gramsciani più famosi. Probabilmente oggi lui avrebbe odiato gran parte della società contemporanea.

LERNER: «Ha perfettamente ragione. Oggi noi lo leggiamo come un classico di un pensatore italiano tra i più illustri, tra i più studiati al mondo, eppure aveva solo 26 anni, appena sei in più di quando scrisse questi temi».

TRUZZI: «Io sono arrivata a una conclusione diversa. Lui dice: sono partigiano, vivo. Ma oggi viviamo un momento in cui il dibattito pubblico è attraversato da una partigianeria superficiale, fatta da tifoserie, da 140 caratteri. Il suo essere partigiano voleva dire consapevolezza, studio, conoscenza. Possiamo azzardare il disagio che vivrebbe oggi a rapportarsi con la superficialità di una partigianeria fatta di slogan e bandierine».

Oggi Gramsci è più utile alla destra o alla sinistra?

TRUZZI: «Temo che la sinistra lo abbia lasciato nel pantheon sotto la polvere, eppure le servirebbe ricordarsi di avere un pensatore così grande. Che la destra le invidia».

LERNER: «La destra di governo quando ha dovuto fare i convegni ha citato subito Gramsci. Inseguono, anche con un po’ di invidia, il concetto di egemonia culturale così come Gramsci lo ha sviluppato. Ben venga la sua rivalutazione da parte della destra. Avere capito che è stato un grande italiano meglio tardi che mai, ma sarebbe meglio se questa rivalutazione fosse accompagnata dal ricordo che i loro antenati politici sono quelli che lo hanno perseguitato, rinchiuso in prigione e hanno stroncato per sempre la sua intelligenza».

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