La Nuova Sardegna

L’intervista

Claudio Cecchetto: «Una bugia a Mike mi cambiò la vita. Sabrina Salerno? Mi colpì la sua sfacciataggine»

di Alessandro Pirina
Claudio Cecchetto: «Una bugia a Mike mi cambiò la vita. Sabrina Salerno? Mi colpì la sua sfacciataggine»

Il re dei talent scout si racconta tra radio, tv e grandi scoperte: «Nessuno credeva in Jovanotti, ma io ho capito subito che era un fenomeno»

08 dicembre 2023
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Magari un giorno, chissà, alla voce talent scout il suo nome verrà indicato tra i sinonimi. Trovare uno scopritore di talenti come Claudio Cecchetto non è un’impresa facile. La tv di oggi, da Gerry Scotti a Fiorello, ad Amadeus, è tutta figlia sua. Come lo sono Jovanotti e Max Pezzali, per non parlare di Fabio Volo. Una caccia al talento, la sua, iniziata più o meno 50 anni fa, nelle prime discoteche.

Disc-jockey, conduttore, produttore, imprenditore, politico. Come ama definirsi?

«Le definizione che preferisco è la stessa da cui è partito tutto. Io sono un disc-jockey. È il primo vero talent scout: deve scegliere la musica migliore tra le miriadi di canzoni che escono».

Il primo disco?

«Adriano Celentano: davanti “La festa”, dietro “Ringo”. Ma per la mia formazione devo ringraziare i Beatles, mi hanno fatto innamorare della musica».

Disc-jockey negli anni Settanta: che epoca era?

«Ai tempi in discoteca c’era il gruppo e il disc-jockey metteva solo qualche disco nell’intervallo. Man mano questa figura ha preso sempre più spazio. Io ero affascinato dai disc-jockey, stavo ore a guardarli. La mia prima volta fu al Pink Elephant, un mio amico aveva rinunciato e mi propose di sostituirlo. Accettai subito. Da lì ho capito che era un lavoro che mi piaceva e sono arrivato al Divina, la numero uno delle discoteche di Milano».

Dalle discoteche alla radio, fino alla tv: il suo talent scout fu Mike Bongiorno.

«Io lavoravo a Radio Milano International e lui era direttore artistico di Telemilano, appena fondata da Silvio Berlusconi. Voleva fare una tv giovane e cercava un conduttore. Gli avevano fatto il mio nome e venne nei nostri studi. Mi dicono: “c’è Mike Bongiorno che ha chiesto di te”. Anziché ascoltarlo passai un minuto a pensare ai miei amici e familiari se mi avessero visto in quel momento. Poi Mike mi disse: “ti ascolto ogni mattina e ti vorrei in tv”. In quell’istante gli dissi una bugia - al mattino non trasmettevo - ma avevo paura che avesse sbagliato persona. Glielo ho confidato solo anni dopo».

Arrivano la Rai, Discoring, Sanremo e il Gioca jouer.

«Tutti i disc-jockey incidevano dischi, io non potevo perché stonato. Un mio amico mi vide in tv mentre cercavo di seguire il coreografo e disse che sembrava un ballo di gruppo dei villaggi turistici. In quel momento mi sono ricordato che in discoteca la gente si diverte quando tutti fanno la stessa cosa. E dopo un mese ecco il “Gioca jouer”».

Poi Canale 5: fu Berlusconi in persona a volerla?

«Dopo il terzo Sanremo mi contattò: “ti va di tornare con noi?”. In Rai stavo a Roma, ma io avevo tutto a Milano, soprattutto gli amici con cui volevo fare la radio. Così sono andato a Canale 5 ed è nata Radio Deejay».

E anche Deejay Television.

«Nel 1983 ero stato in America dove stava nascendo Mtv. Ricordo che a New York stetti 4 ore seduto in un negozio di tv a guardare su uno schermo questi videoclip. Tornai in Italia e proposi a Berlusconi questa nuova formula. Ci fu un po’ di resistenza, ma lasciai Popcorn, che infatti durò 6 mesi, mentre Deejay Television andò avanti fino al 1990».

Scotti, Amadeus, Fiorello. Si sente il padre della tv di oggi?

«In questo è identificato il mio lavoro. Loro erano divertenti per me ed ero sicuro lo fossero anche per gli altri».

Pippo Baudo toppò con Fiorello. A lei è capitato di non aver riconosciuto subito un talento?

«Chiariamo. Baudo congedò Fiorello dicendogli: guarda che il presentatore sono io. Pippo aveva intuito che aveva verve. A me comunque non è mai capitato. Figuriamoci se poi non se lo sarebbero rivenduti: “sono qui nonostante il no di Cecchetto”».

Sabrina Salerno era una aspirante showgirl e con lei diventò una star internazionale.

«Se le cose succedono bisogna essere in due. Quando venne da me voleva fare un disco, io davo qualche garanzia, da Sandy Marton a Tracy Spencer. Le chiesi cosa sapesse fare. Lei si alzò e si mise a cantare davanti alla scrivania, senza musica. Apprezzai il suo coraggio, la sua disinvoltura, sfacciataggine. E poi è arrivato anche il pezzo giusto».

Capitolo Jovanotti: ai tempi di Gimme five avrebbe mai pensato a un successo così lungo?

«Ho capito subito che era un fenomeno, uno così non lo avevo mai incontrato nella mia vita. All’inizio mi dicevano: no, non va bene. Io rispondevo: io lo conosco, lo frequento ogni giorno. Avevo ragione io».

E poi gli 883, colonna sonora di una generazione.

«Sentii “Non me la menare” e mi resi conto non era la solita canzone d’amore. Loro parlavano di avventure, compagnia, di quello che succedeva al bar. Ma come succedeva con Lorenzo le radio non passavano i loro brani. Io però avevo la mia e la misi a disposizione anche degli 883».

Tra le sue scoperte c’è anche l’Aquafan di Riccione.

«Avevo l’idea di un Deejay television itinerante. Poi a Riccione mi hanno fatto vedere il progetto dell’Aquafan. E io: “Lo facciamo tutto qua”. Fu la fortuna dello show e dello stesso Acquafan, che è diventato un format».

Si è candidato a sindaco di Misano e di Riccione, dove è arrivato terzo e ora è consigliere comunale. Pensa mai a un salto alla politica nazionale?

«Le mie sono sempre state liste civiche. Non sono entrato in politica. La politica l’ho sempre fatta attraverso la radio, i dischi. Politica per me significa pensare alle necessità del pubblico, al territorio. La politica che si fa a Roma non mi interessa».

Sanremo 2024.

«Un cast moderno. Giustamente Sanremo deve rispecchiare le novità del mercato attuale».

Era l’unico giovane conduttore di punta nella tv dei Mike, Corrado, Baudo. Mai pentito di avere preferito la radio?

«Vedendo i risultati sarei un pazzo. Io ho usato la mia popolarità e l’ho trasferita a chi aveva bisogno del mio supporto. A Gerry, Amadeus, Fiorello, Jovanotti. Quando fai il mio mestiere non devi fare il padrino e gli altri gli assistenti. Sono gli altri che devono andare davanti, non tu».

Suo figlio Jody è un volto emergente della tv di oggi: che consigli si sente di dargli?

«Jody è molto più forte di quanto sembra. E anche l’altro mio figlio, Leonardo, dj con il nome di Oel, fa una programmazione che mi piace. Ma io non do consigli, solo pareri quando mi domandano qualcosa».

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