La Nuova Sardegna

L'intervista

Valeria Fabrizi: «Ugo Tognazzi birichino, Ava Gardner infelice e la Lollo sul set mi prese a schiaffi»

di Alessandro Pirina
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«Non sono mai stata ambiziosa, perché mi sentivo fortunata. Playboy l’errore della mia vita. Suor Costanza? In realtà sono io»

30 marzo 2024
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Canta, recita, balla come quando era agli inizi. Nella sua carriera ha attraversato tutti i palcoscenici dello spettacolo, dal teatro al cinema, fino alla tv, dove nell’ultimo decennio si è fatta amare (e dai più giovani anche conoscere) nei panni di suor Costanza nella serie “Che Dio ci aiuti”. E ora a 87 anni Valeria Fabrizi ha ancora tanta voglia di proseguire su quella strada intrapresa quando era solo una ragazzina. Lo racconta immersa nel verde della Gallura, davanti al mare della Costa Smeralda, dove trascorre le festività di Pasqua con la figlia Giorgia.

Signora Fabrizi, lei è un’innamorata della Sardegna.

«La conosco da una vita. La prima volta che venni l’Aga Khan stava ancora costruendo Porto Cervo. Ai tempi venivo con mio marito e mia figlia. Ho sempre sognato di venire a invecchiare in Sardegna. Sono attratta dalle rocce, dai gigli che spuntano fuori. E poi sono seduta qua in terrazza, davanti al mare. In questo periodo non c’è neanche una barca...».

Il suo primo ricordo?

«I carri armati. Eravamo a Verona. Mia mamma aprì la finestra e c’erano tutti questi carri armati sotto. Una cosa che non potrò mai cancellare. Vorrei scrivere un libro e partire proprio da lì. Ricordo tutto: la paura, le bombe, il rifugio. Da Verona ci eravamo trasferiti a Cadidavid. A casa nostra erano venuti a vivere i tedeschi, il loro cuoco italiano andava d’accordo con mia nonna e non ho mai sofferto la fame. Anche se mangiavamo cose strane tipo anguille e pesce gatto».

Quali erano i suoi sogni?

«Fare quello che ho fatto. Anche dalle suore recitavo, mi proponevo. Sono nata con un talento che Dio mi ha dato e non potevo deludere il destino. Pensi che quando mio padre fu fatto prigioniero inviò una lettera a mia mamma con una mia foto nuda, avrò avuto 6 o 7 mesi, e sopra scrisse: da grande farà l’attrice. Vede, era il destino».

Il suo esordio nello spettacolo fu con i fotoromanzi.

«Sono stata fortunata, da Bologna mia mamma si era trasferita a Milano. Finita la scuola la raggiunsi e sul lavoro venne a trovarla un direttore Mondadori. Le chiese chi fossi e mia madre: “è mia figlia, mi fa disperare, non studia ma vuole fare l’attrice”. E lui: “le piacerebbero i fotoromanzi?”. Fatto sta che mi ritrovai sul set con Marco Res, il mio beniamino: all’epoca io lavoravo al catasto e leggevo i fotoromanzi. Da lì è iniziato tutto».

Walter Chiari, amico d’infanzia e non solo.

«Sono figlia di bolognesi nata a Verona nello stesso palazzo di Walter. Le nostre famiglie erano amiche e si sono frequentate per anni, anche nelle occasioni di festa. A un certo punto mi ero giurata che questo ragazzo, che aveva 14 anni più di me, sarebbe diventato il mio principe azzurro e così fu. Ma diciamo che un amore importante richiede fedeltà e con lui non era possibile. Non era l’uomo da sposare».

Siete stati però amici per tutta la vita e le ha anche fatto conoscere Ava Gardner.

«Sì, a New York quando stavano insieme. Ballava il flamenco in maniera stupenda. La ricordo molto fragile, insicura. Alzava anche il gomito e io qualche volta bevevo con lei. Ricordo il suo sorriso, i suoi occhi: dava l’idea di non essere mai stata felice».

Dai fotoromanzi arrivò sui palcoscenici più importanti.

«Facevo già teatro, un giorno vennero Abbe Lane e Xavier Cugat. Abbe era una bomba: fu lei a farmi tingere i capelli di rosso. Io mettevo il foulard e mi scambiavano per lei. Un giorno chiesero di me Garinei e Giovannini e mi presero per uno spettacolo con Delia Scala. Ma ebbi la polmonite e mi sostituirono. Lì al Lirico provavano Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, mi videro ballare e mi scritturarono. Ho mosso i primi passi con Tognazzi».

Com’era?

«Io ero giovane e prosperosa, lui birichino».

Quarta a Miss Universo: il suo rapporto con la bellezza?

«Posso essere sincera? Io sapevo di essere bella, ma non mi sono mai atteggiata. Ero una ragazza semplice, vera, acqua e sapone. E soprattutto ero felice perché avevo realizzato il mio sogno. Io sono sempre stata poco ambiziosa e nel nostro lavoro quando hai talento devi avere anche l’ambizione, ma io mi sono accontentata. Mi sentivo fortunata, perché arrivavo da una famiglia povera. Mi sono goduta tutta la mia umanità».

Capitolo cinema: in tutto una cinquantina di film.

«Il primo “La donna più bella del mondo” con Gina Lollobrigida, che mi diede i primi due schiaffoni in scena. Erano schiaffi veri, mi volarono persino gli orecchini. Ma io pur di lavorare ho sempre detto sì. Ti sai tuffare? Sì. Sai andare a cavallo? Sì».

Un no di cui si è pentita?

«L’unica cosa di cui mi sono pentita è stato “Playboy”, ma mi fecero una bella offerta e poi lo facevano tutte. Al cinema invece dovevo fare “Adua e le compagne”, Pietrangeli mi voleva ma Macario non voleva privarsi della sua primadonna. Feci comunque un piccolo ruolo carino».

Le nozze con Tata Giacobetti e poi anche la tv insieme a lui: la Biblioteca di Studio Uno del Quartetto Cetra è storia.

«Dovrebbero chiamare noi vecchi a raccontare cosa è stata quella tv, invece non lo fanno».

A un certo punto perché ha lasciato le scene?

«Ho avuto un bambino e l’ho perso, mi sono fermata. Ho scelto di fare la mamma e la moglie. Quand’è morto mio marito è stata mia figlia a dirmi: “mamma, devi tornare a lavorare”. L’occasione me l’ha data Pupi Avati».

Il ruolo di Suor Costanza le ha ridato la popolarità: quanto c’è di lei nel personaggio?

«Sono io. È stata sempre mia figlia a dirmi: “mamma, sii come sei tu: impicciona, burbera, buona, simpatica”. È stato un successo pazzesco. Sono andata a ritirare premi ovunque, anche in Messico e Argentina».

Quest’anno è tornata al cinema con “L’età giusta” di Alessio Di Cosimo.

«Esperienza meravigliosa e lui sta scrivendo anche il seguito. Ma mi hanno chiamata proprio oggi da Napoli per un altro film da protagonista».

Un sogno da realizzare?

«Lo dico sempre: fare a teatro “Angeli con la pistola” che fece Bette Davis con Glenn Ford. Mariangela Melato mi diceva: “Valeria, questa la puoi fare solo tu: canti, balli, sei simpatica. Tieni duro e proponiti”. E infatti io continuo a propormi, anche perché ora ho l’età giusta».
 

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