Khaby Lame arrestato negli Usa: cosa c’è di vero nell’arresto dell’influencer
Secondo alcuni account di X sarebbe detenuto per non aver pagato le tasse e come immigrato irregolare
Sta circolando online la notizia dell’arresto di Khaby Lame da parte dell’Ice, l’agenzia americana per l’immigrazione. Secondo quanto diffuso da alcuni account su X (ex Twitter), l’influencer italiano di origini senegalesi sarebbe stato fermato come immigrato irregolare e trattenuto nell’Henderson Detention Center di Las Vegas. Ma a un’analisi più attenta, la ricostruzione appare infondata e con diversi elementi che lasciano pensare a una fake news. A rilanciare per primo la presunta notizia è stato il giovane trumpiano Bo Loudon, 18 anni, che ha diffuso uno screenshot del motore di ricerca dell’ICE dove comparirebbe il nome di Khaby, insieme a un identificativo numerico e l'indicazione del centro di detenzione. A suo dire, l’influencer avrebbe addirittura evaso le tasse. Tuttavia, una verifica indipendente di Open smentisce punto per punto questa versione. Digitando i dati riportati nello screenshot sul sito ufficiale dell’Ice, non si ottiene alcun riscontro: il nome Serigne Khabane Lame e il numero identificativo 220963977 non producono risultati. Inoltre, secondo le stesse istruzioni del sito Ice, i detenuti appaiono nel sistema solo dopo almeno 48 ore dalla presa in carico. Ma della notizia non c’è traccia nei media americani, segno che un arresto così rilevante – Khaby Lame è il content creator italiano più seguito al mondo – sarebbe stato ripreso ovunque se fosse reale. A rendere ancora meno credibile la vicenda, le stories pubblicate da Khaby Lame su Instagram proprio nelle ore in cui si sarebbe trovato in custodia. In una di queste, si trova in un negozio di fumetti, sereno e libero. Inoltre, è atteso a Miami per The Beautiful Game 2025, evento calcistico a cui partecipano anche Ronaldinho e Roberto Carlos.
Infine, Open segnala che né l’Henderson Detention Center né il motore di ricerca dell’ICE confermano la presenza di Khaby tra i detenuti, come confermato anche da altre testate come Fanpage e Lead Stories. Tutto lascia quindi pensare che si tratti dell’ennesima operazione di disinformazione virale.