La Nuova Sardegna

L’intervista

Manuela Villa: «Fu Toto Cutugno a volermi in tv contro tutti. Da piccola amavo Maria Carta: incontrarla fu un’emozione unica»

di Alessandro Pirina
Manuela Villa: «Fu Toto Cutugno a volermi in tv contro tutti. Da piccola amavo Maria Carta: incontrarla fu un’emozione unica»

La cantante romana si racconta: il rapporto con il padre Claudio Villa, la musica, la tv, il teatro e il sogno del cinema

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La sua carriera nasce nel segno del padre, della sua voce, dei suoi successi, ma Manuela Villa non è soltanto musica. Lo dimostra il suo ricco curriculum che si espande tra teatro e televisione. E anche oggi l’artista, mentre è impegnata sul piccolo schermo con “Bella mà” di Pierluigi Diaco, è pronta a tornare in scena sotto le insegne di quel Bagaglino che è da oltre trent’anni la sua seconda casa.

Manuela, cosa sognava di fare da grande?

«Oddio, diciamo che sto ancora sognando. Ancora sono nella fase di portare i miei sogni a spasso. Magari non si realizzano, ma finché posso sogno...».

Qual è il suo sogno?

«Adoro recitare, e dunque vorrei lavorare nel cinema. È sempre stata la mia aspirazione. E per quanto riguarda la musica sogno grandi concerti con una grande orchestra».

I suoi primi ricordi musicali?

«Il primo pianoforte all’età di 5 anni. Seguivo mio fratello che già lo studiava».

Cosa significa essere la figlia di Claudio Villa?

«In verità, la risposta a questa domanda l’ha cercata più la gente. Per me è una cosa normale. Per me è mio padre, non mi pongo altre questioni. Artisticamente implica invece moltissime cose. A volte non mi hanno dato l’opportunità di portare avanti alcune scelte. Io ho voglia di sperimentare la musica, ma sono costretta a tenere questa volontà nel cassetto. Il nostro è un Paese pieno di preconcetti, mi riferisco in particolare agli addetti ai lavori. Se uno sa recitare recita e basta, se uno canta un genere fa solo quello. Ma un artista è tale quando ha la voglia di sperimentare tutta la sua arte».

Essere una figlia d’arte è un privilegio o un ostacolo?

«Nel mio caso è un po’ diverso, perché prima ho dovuto dimostrare di essere figlia. Non è la stessa cosa di un figlio cresciuto in casa con il genitore, con gli amici del genitore, che magari ha trovato la difficoltà nella realizzazione di se stesso, ma sicuramente ha avuto più facilità nell’incrociare persone che già conosceva. Chissà un figlio d’arte quanti personaggi ha conosciuto da bambino. Io invece non ho avuto nessuno».

Che ricordo ha di suo padre?

«Purtroppo lui è scomparso la sera del mio compleanno. Questo io lo chiamo uno scambio del testimone, lo interpreto in questo modo. Di lui ho ricordi belli. Quando lo incontravo era sempre premuroso, attento. Provava una emozione molto grande. Di lui ricordo questo. Il resto l’ho scoperto incontrando la gente, che mi fa vedere foto con lui, mi ricordano i loro incontri... sono le cose più belle».

Claudio Villa è stato dimenticato?

«Io lo ricordo sempre, ma è vero che non si fanno tante manifestazioni in suo onore. Ma l’Italia è un Paese che dimentica in fretta. Non capita solo a lui. Purtroppo, neanche nel ricordo di Domenico Modugno vedo tutta questa esaltazione».

Per avere il cognome di suo padre ha dovuto lottare in tribunale: cosa prova oggi?

«Sono diventata mamma e le priorità cambiano. Sarebbe tremendo se la priorità rimanesse mio padre rispetto a mio figlio. Dentro di me però c’è sempre quella bambina che ancora lo cerca. Ma lo trovo nei concerti».

Il primo a credere in lei?

«La prima fu Nilla Pizzi. Mi disse: “non avevo alcuna ombra di dubbio conoscendo tuo padre, ho visto la sua faccia sulla tua”. E poi Toto Cutugno ha lottato per farmi debuttare. Arrivavano in Rai fax e telegrammi per intimare che non dovessi cantare: il ruolo di Toto è stato fondamentale. E da lì sono arrivati Ninni Pingitore, poi Paolo Limiti e ora Pierluigi Diaco, grazie al quale sono oggi in tv».

Lavora con Pingitore dal ’93: cosa è per lei il Bagaglino?

«È meraviglioso, è la romanità. La prima volta che sono entrata al Bagaglino mi sembrava assurdo trovarmi là dentro. Pingitore mi ha dato spazio in tante maniere. Ha scritto per me un sacco di cose e un altro spettacolo lo ripeteremo presto al Tirso, “Sotto un manto di stelle”».

Negli anni ha affiancato Pamela Prati e Valeria Marini. Con chi ha più feeling?

«Sono andata d’accordo con tutte e due. Sono completamente diversa da loro, ma c’è sempre stato rispetto, ammirazione. Con Valeria ho anche condiviso il camerino. Chi la conosce capisce cosa voglio dire...».

Nel 1994 è in gara a Sanremo con la Squadra Italia: che esperienza fu?

«Bellissima, ma non me la sono goduta perché qualcuno decise che io non dovevo parlare. In conferenza stampa mi saltarono. Ma a livello umano è stata un’esperienza unica. Arrivammo 19esimi dopo Franco Califano. “Gli ultimi saranno i primi”, dicevamo. “I primi sono sempre i primi”, rispondeva Nilla».

Ha più provato a partecipare al festival?

«È una vita che ci provo. Ma non mi lamento».

Che ne pensa del cast scelto quest’anno da Carlo Conti?

«Mi auguro che nessuno usi l’autotune, perché mi sento presa in giro. Voglio sentire la bellezza della voce, l’anima dell’artista con le sue imperfezioni. Lucio Battisti non era perfetto ma nella sua voce c’era tutto quel sapore a cui ancora oggi andiamo dietro. Mi manca un po’ di veridicità».

Nella sua carriera c’è anche una vittoria all’Isola dei famosi: la rifarebbe?

«La ripeterei, è stata una esperienza perfetta per chi vuole entrare in introspezione, ma non so se il corpo oggi reggerebbe».

Un rimpianto nella sua carriera?

«Tutto quello che ho fatto mi ha portato a essere quella di oggi. Forse sarei dovuta essere un po’ più calcolatrice, ma non sarei stata io».

Il più grande incontro della sua vita?

«Quando cantai in mondovisione per Papa Wojtyla».

E quello che l’ha delusa?

«Ce ne sono tanti, ma non li dico. Non do loro questa soddisfazione».

Manuela Villa e la Sardegna.

«Innanzitutto, è un’isola e c’è un legame. Ho amici meravigliosi, come Lucio Tunis. Amo la cultura sarda. Quando ero bambina a casa si ascoltava sempre Maria Carta. Una volta venne al Bagaglino e mi feci una foto con lei: fu un incontro bellissimo».

Cosa si aspetta dal 2026?

«Mi aspetto di lavorare. È da anni che non faccio una vacanza, ma io dico che per fermarsi c’è sempre tempo».

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