Dolcenera: «La trap? In Italia l’ho portata io! Nella musica c’è troppa omologazione»
La cantautrice nell’isola con gli Istentales a Calangianus e a Bitti: intanto si racconta tra album, social e tv
Era diventata «una reginetta del web e potevo fare la creator», invece Dolcenera ha scelto la musica. «La trap in Italia l’ho portata io», dice fiera, si riferisce alle sue cover di Lazza e Sfera che diventarono virali e chiacchierate. Sembra una vita fa. Di recente è passata anche attraverso la tv, prima a “The Voice” e poi con le avventure di “Pechino Express”, ma il microfono e il pianoforte non li lascia. Non molla ma anzi raddoppia: la cantautrice tornerà nell’isola per un doppio concerto con gli Istentales. Il 28 dicembre a Calangianus, il 31 notte di Capodanno a Bitti.
Dolcenera, lei ha condiviso il palco con Gigi Sanna e co. già in estate, cosa vi unisce?
«Ci lega l’aspetto cantautorale. In realtà è un legame iniziato quindici anni fa, in tutto questo tempo abbiamo sempre mantenuto una voce con personalità, cercando di non replicarla. Abbiamo continuato a lavorare in maniera diversa dalla grande industria, circondati da persone e rapporti che diventano familiari. Ciò che ci lega è anche aver mantenuto fede alla nostra natura con orgoglio».
Che concerti saranno?
«Faremo alcuni brani insieme, pezzi loro, pezzi miei, e per gran parte del mio set manterrò l’impronta piano e voce».
Il suo ultimo album, “Anima mundi” è del 2022, ora sta lavorando a qualche progetto?
«Sì, un album che uscirà l’anno prossimo. Fare dischi pensati in cui sei tu l’artefice completo di quello che scrivi, e in primis c’è la tua anima e la spinta creativa sulle canzoni, sembra una cosa impossibile. Ma io continuo a farla. Il mondo richiede velocità, però io sono così di carattere e non sono mai riuscita a fare il passaggio da cantautrice a cantante con otto persone attorno che mi scrivono il pezzo».
È cambiato l’approccio alla creazione musicale?
«Mi piace il lavoro di gruppo, ma in quel modo diventi solo una figurina. Le cose vengono bene al massimo con due o tre persone, un gruppo ristretto che permette di avere l’anima del cantautore in evidenza. Vedi Battisti-Mogol, se parliamo soprattutto di gente che vive e mette la sua visione nelle canzoni».
Parlava di un mondo che va veloce, l’industria discografica sembra chiedere brani facili che facciano numeri subito.
«Anche in passato c’era il condizionamento dalla parte discografica e commerciale, ma non estremizzato come oggi. Sembra esistere solo quello. Le piattaforme richiedono omologazione e scrivere una canzone significa capire in che playlist per ragazzi puoi andare a finire».
Come si inverte il trend?
«La globalizzazione che diventa monopolio è un concetto grosso. Bisogna sperare che ci siano le persone di coraggio, che abbiano estremamente coraggio e vadano su un’altra strada. Nella musica la differenza arriva sempre da una novità assoluta».
Anni fa si era divertita a rifare al piano alcuni brani trap di Sfera, Lazza, Ghali, Dark Polo gang e addirittura Young Signorino. Uscirono video con milioni di visualizzazioni.
«Mi divertiva l’idea di rifare un genere che ancora non era noto, in Italia la trap l’ho portata io! Sull’onda generazionale dei social, cercavo di capire questa nuova forma espressiva e da lì se n’è iniziato a parlare. Ho smesso nonostante fossi diventata una reginetta del web e potevo fare la creator con contratti. ..».
Ma?
«Ma non esiste, trovavo troppa uniformità in quelle cose. E infatti oggi c’è una saturazione nella trap».
E invece tornerebbe al festival di Sanremo o ci ha provato in questi anni?
«No. Non era mai il momento giusto. In futuro chi lo sa».
