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I giovani e la politica: una passione da ricostruire

di Gabriele Puggioni*
I giovani e la politica: una passione da ricostruire

Analisi di un rapporto complesso, mutevole e controverso. Generazione anestetizzata dai social, dalla scuola, dalle famiglie

26 gennaio 2024
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Complesso, delicato, mutevole e controverso. Il rapporto tra giovani e politica è sempre stato difficile da analizzare e ancor più da comprendere. Ricco di mille sfaccettature, col tempo si è deteriorato sempre di più, sino ad arrivare ai nostri giorni, dove è spesso oggetto di critica.

In particolar modo, è inevitabile non sottolineare il crescente disinteresse della parte più giovane della società nei confronti non solo della politica fine a sé stessa, ma anche della politica intesa come partecipazione attiva all’avvenire dello Stato, come continua informazione sull’operato delle istituzioni, come riflessione attiva sull’attualità.

Ma per provare a capire in che modo si è arrivati a questo punto, forse è meglio fare qualche passo indietro. Molti passi indietro. Già i partigiani infatti, nonostante la giovane età, possono essere considerati attivi partecipatori della politica. Essi infatti, senza remore, hanno combattuto per la liberazione della Nazione, con l’obiettivo di costruire uno Stato migliore, più libero, più aperto, più rispettoso dell’altro e della sua diversità. Avevano l’obiettivo di creare e garantire istituzioni migliori, più giuste e efficienti. Insomma, nonostante non fossero plurilaureati o super-esperti, hanno tentato di migliorare lo Stato. Questo, credo, può essere definito fare politica.

Andando avanti nel tempo, incontriamo i giovani del ‘68. Un’intera generazione che, a prescindere dal colore politico, ha vissuto una grande stagione di mobilitazione. Questi giovani si sentivano parte del Paese, lo volevano cambiare. Non accettavano una nazione che andasse in un verso contrario al loro. Di conseguenza, si riunivano, discutevano, facevano informazione, condividevano i loro ideali. È questo quello che veramente si intende per fare politica, da cittadini.

Ma a partire dagli anni ‘80, il coinvolgimento dei giovani nell’ambito politico è andato scemando sempre di più. Oggi, la maggior parte dei ragazzi è completamente ignorante sull’argomento istituzioni pubbliche. Ma perché?

Il ruolo del progresso tecnologico e dell’aumento del benessere ha sicuramente giocato una parte importante. Ci si è dimenticati che la vita così come la si conosce oggi, i diritti fondamentali riconosciuti nel nostro Stato sono frutto di lotte politiche compiute da giovani come noi. Ma quando la qualità della vita si è innalzata davvero, è scaduto l’interesse a fare sì che quelle istituzioni sino a poco tempo fa garanti di questi diritti non cadessero nel baratro dell’inadempienza. Con l’arrivo del mondo virtuale, tutti i nostri problemi si sono riversati all’interno dei nostri dispositivi, ormai unica fonte di buone e cattive notizie. Ci pensano i nostri genitori, ad ascoltare i telegiornali e a discutere di attualità. Per noi è meglio spettegolare su qualche influencer.

Ma anche la scuola ha ricoperto un ruolo fondamentale: è infatti sparita l’educazione al funzionamento dello Stato come materia obbligatoria in tutti gli istituti, e purtroppo non si promuove l’interesse per l’ambito politico e dell’informazione, eccetto che per mano di pochi professori illuminati, ma isolati. Infine, è cambiato il modo in cui riceviamo le informazioni, fondamentali per indurci a provare interesse per la politica.

Ormai, le informazioni viaggiano sempre con noi: ogni volta che apriamo il nostro telefono, siamo inondati da una quantità enorme di dati, che non abbiamo richiesto. Il punto fondamentale è che noi ci ritroviamo circondati da informazioni per le quali non abbiamo manifestato un precedente interesse, che ci abbia portato a volerne sapere di più. Le abbiamo semplicemente ricevute. Questo provoca un calo dell’interesse generale, proprio perché non abbiamo bisogno di interessarci a qualcosa, ma questa ci viene semplicemente fornita su un piatto d’argento. Anche la nostra indignazione, spesso motore di cambiamenti nelle epoche passate, è caduta sotto i colpi dell’abitudine di fronte a notizie negative. Inoltre, ci si sta abituando a informarsi da fonti non affidabili, o ancora, a limitarsi a leggere i titoli da prima pagina.

Non c’è più nessuna volontà di verificare le informazioni. In conclusione, visti questi fattori, oggi i giovani sono anestetizzati alla politica: dalle informazioni, dalla scuola, dalle famiglie. Essa viene vista come un mondo altro, che richiede troppo impegno per essere capito, e, soprattutto oggi che siamo abituati ad avere tutto con un clic, questo impegno è improponibile.

*Gabriele frequenta il liceo classico Canopoleno a Sassari
 

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