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Non solo game player

di Giulia Bignetti *
Non solo game player

I videogiochi e la vita dei bambini abbagliati dalle luci artificiali dell’hi-tech

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Negli anni gli studiosi ed i ricercatori sono arrivati a dichiarare che l’8,3% dei bambini gioca ai videogiochi. Dal 1999 i primi intellettuali iniziarono a domandarsi quali fossero gli effetti a lungo termine dell’hi-tech sull’uomo e come la situazione si sarebbe evoluta nel futuro. La risposta l’abbiamo ottenuta nell’ultimo periodo: le stanze da letto dei bambini, nel cuore della notte, sono sempre più frequentemente illuminate da schermi che tengono le loro menti sveglie ed iperattive, mentre le loro mani sono impegnate a controllare compulsivamente, tramite il joystick, tutte le azioni virtuali. L’effetto di tali abitudini si ripercuotono sulla società come un’onda sismica che mette in disordine la quotidianità: durante le ore diurne la capacità di interazione e reattività si riduce notevolmente, seguita poi da un assopimento incontrollabile. Al contrario, nelle ore notturne, i videogiochi fungono da linfa tossica che ribalta il regolare ciclo giornaliero. Inoltre, con lo sviluppo dei social, nel Duemila le piattaforme sono state inondate dalle immagini dei genitori che riprendevano la reazione dei figli al sequestro del videogioco: tali immagini sono state sulla cresta dell’onda per mesi, poiché i bambini e i ragazzini hanno avuto delle vere proprie crisi d’astinenza a causa del “gaming disorder” (il disturbo del giocatore ). A livello sanitario, molti medici e specialisti hanno riscontrato e diagnosticato nei loro giovani pazienti giocatori, dei gravi problemi di dipendenza, violenza, stress e disinteresse nei confronti della vita reale. Tuttavia, sembra che i videogiochi abbiano cambiato in positivo la vita di alcuni ragazzi: ne è testimonianza il caso del giovane Mats Steen affetto da DMD ( distrofia muscolare di Duchenne ), che nonostante le sue difficoltà quotidiane, ha costruito un vero e proprio impero con il videogioco Warcraft, permettendogli di realizzare tutto ciò che desiderava e non solo, anche di raggiungere un alto livello nel gioco.

Esperti però, raccontano anche di come la vita vera di un ragazzo che passa molte ore ai videogiochi, possa essere realmente triste e vuota: la fantasia è limitata, è distratta da luci, suoni e colori, la realtà è annullata per lunghi periodi di tempo. Ecco perché ogni “game player” dovrebbe acquisire la capacità di saper distinguere il virtuale dalla vita vera, senza coltivare una quotidianità digitale che lentamente e inevitabilmente fa perdere la cognizione spazio-temporale.

*Giulia studia al liceo Pira di Siniscola


 

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