La Nuova Sardegna

Conoscenza

La caverna di Platone come i nostri cellulari

di Martina Mura*
Un busto del filofoso Platone
Un busto del filofoso Platone

Il mito antico spiega il distacco dalla realtà provocato dalle tecnologie

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Immaginate uomini che vivono da sempre prigionieri all’interno di una caverna. Sono incatenati per cui l’unica cosa che possono osservare è una parete in pietra. Alle loro spalle si trova un muretto e vi sono persone che tengono in mano oggetti come statuette umane o animali. Le ombre di questi oggetti sono proiettate sulla parete, i prigionieri le ritengono essere tutto ciò di cui è costituita la realtà. Immaginate adesso che uno di loro venga liberato, all’inizio rimarrebbe accecato dalla luce, ma con il tempo i suoi occhi si abituerebbero fino a permettergli di distinguere ciò di cui è costituito il mondo al di fuori. Nel corso dei secoli il “Mito della caverna” è stata oggetto delle più varie interpretazioni, che si legano alle filosofie sull’essere (ontologia), sul sapere (gnoseologia), sulla religione (teologia) e perfino sulla politica. Ma vorrei portare la vostra attenzione quanto il concetto che sta alla base di questo racconto possa comunicare a noi, persone del XXI secolo, sull’era digitale in cui stiamo vivendo. Come reagireste se vi dicessi che i prigionieri della caverna siamo noi e che la parete su cui sono proiettate le ombre non sono altro che gli schermi dei nostri telefoni cellulari? Ebbene, in un’epoca dominata dalla rivoluzione delle comunicazioni e dei social media, è evidente che l’uomo sia sempre più incline a rifugiarsi nella propria “realtà” virtuale dimenticandosi di quella che gli sta intorno.

È facile capire come mai il fenomeno colpisca le nuove generazioni, abituate fin dalla nascita all’uso dei dispositivi mobili, analogamente agli uomini del mito, che fin dalla nascita vivono in prigionia. Il rischio che si corre è di cadere in uno stato di passività, in cui ad essere compromessi sono la consapevolezza della realtà e la stessa facoltà di pensiero umana, sostituibile con le intelligenze artificiali. Fortunatamente, però, per Platone la via d’uscita dal torpore esiste ed è la riappropriazione del contatto con la realtà.

*Martina studia al liceo Azuni di Sassari
 

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