La Nuova Sardegna

Alghero

Fertilia, la comunità giuliana commemora le vittime delle foibe

di Pinuccio Saba
Fertilia, la comunità giuliana commemora le vittime delle foibe

Simbolico passaggio di testimone con le nuove generazioni. Cerimonia per non dimenticare una tragedia tutta italiana

11 febbraio 2014
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ALGHERO. Passeggiando sotto il porticato, alla termine della messa che si era celebrata nella chiesa di San Marco, non era difficile cogliere un marcato accento veneto nella parlata di alcune persone, che magari indossavano il cappello degli alpini o mostravano con orgoglio le decorazioni ottenute in anni di servizio per lo stato italiano. Con loro tanti sardi: di origine od ormai sardi acquisiti. Una scena che “ufficialmente” da dieci anni si ripete a Fertilia, in occasione della Giornata del Ricordo per non dimenticare le migliaia di italiani infoibati dai partigiani di Tito e il successivo esodo di intere comunità dall’Istria e dalla Dalmazia. Migliaia di italiani costretti a lasciare in fretta e furia le loro terre, gli affetti, le amicizie. E a metter radici in luoghi sconosciuti, spesso inospitali.

Quella di Fertilia è la storia di 150 famiglie istriane e dalmate arrivate ad Alghero fra il 1947 e il 1952. Che non hanno dimenticato le loro radici, le loro tradizioni, la loro cultura, la loro lingua. Come non hanno dimenticato le difficoltà dei primi tempi, la malcelata ostilità dei residenti, comprese quelle famiglie ferraresi arrivate a Fertilia una dozzina d’anni prima, quando la borgata era stata fondata dal regime fascista.

Ieri mattina giuliani, istriani e dalmati (o meglio, i loro figli, nipoti e anche pronipoti nati in Sardegna) si sono ritrovati in chiesa, nella parrocchia di San Marco, dove è stata celebrata la messa in memoria di tutti quegli italiani uccisi e scaraventati nella “foibe”, profonde cavità carsiche, che avevamo solo la colpa di essere italiani. Una tragedia, ricordano gli esuli, che per decenni è stata cancellata dalla memoria collettiva, quando pronunciare la parola foiba era sconveniente. Da dieci anni, da quando il governo ha istituito la Giornata del Ricordo, il 10 febbraio è diventato un appuntamento per l’intera comunità di Fertilia. Una data non casuale: proprio il 10 febbraio del 1947, a Parigi venne firmato l’accordo che consegnava alla Yugoslavia l’Istria, la Dalmazia, “mezza” Gorizia (Nova Gorica) e Trieste, città che ritornò a essere totalmente italiana solo molti anni dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Alla cerimonia hanno assistito le massime autorità civili della provincia, guidate dal prefetto Salvatore Mulas, i rappresentanti delle forze dell’ordine e delle forze armate, ma soprattutto i rappresentanti delle associazioni combattentische e dei reduci. E, a voler consolidare il senso di appartenza e continuità con le vicende del passato, i labari delle associazioni degli esuli sono stati affidati ai giovanissimi, ai nipoti e pronipoti di quegli istriani e dalmati che più di sessant’anni fa erano sbarcati in Sardegna. Famiglie che, non senza fatica, si erano adattate alla nuova realtà, che avevano aperto attività artigianali e commerciali. Era invece fallito il “progetto pesca” poiché il Tirreno è una mare diverso dall’Adriatico, come avevano subito capito gli esuli che pure nella loro terra d’origine lavoravano sul mare.

I sopravvissuti a quell’esodo ormai sono pochissimi, ma il sentimento identitario che lega gran parte della comunità di Fertilia, continua a esser forte e vitale.

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