La Nuova Sardegna

Alghero

Project financing non va in porto «Stop, manca la pubblica utilità»

di Gian Mario Sias

Dopo tre anni la Regione ha bocciato le proposte di riqualificazione dello scalo algherese Una doccia fredda per il Consorzio, i concessionari e le marinerie che puntavano al rilancio

11 maggio 2017
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ALGHERO. «La giunta regionale ha dichiarato l’assenza dell’interesse pubblico dei due progetti di finanza presentati per la riqualificazione, l’ampliamento e la gestione del porto di Alghero». La comunicazione dell’ufficio stampa della Regione arriva così, come una stilettata. Una doccia fredda per i due raggruppamenti che da anni attendono una risposta dal governo regionale e dalla struttura amministrativa isolana. Un colpo anche per tutti gli algheresi, a iniziare dagli amministratori locali, che sullo sviluppo del porto credono eccome. Almeno a parole, da anni il porto viene definito come l’epicentro di un processo virtuoso di cambiamento, come quell’investimento da fare per consentire alla città e alla filiera turistica quel salto di qualità che nel frattempo non arriva. Attualmente nel porto di Alghero ci sono 39 concessioni, la cui durata è stata prorogata fino al 31 dicembre 2020, e i posti barca disponibili sono 1.995. Gli ormeggi destinati alle unità da diporto sono 591 per le barche fino ai 6 metri, 553 per quelle da 6 a 7 metri e mezzo, 497 per le unità da diporto da 7 metri e mezzo a 12 metri, 158 per le imbarcazioni da 12 a 18 metri, 69 per quelle da 18 a 24 metri e 32 per le navi da diporto superiori ai 24 metri. Due sere fa la giunta regionale ha detto che quei due project financing sono privi dell’elemento essenziale: la loro pubblica utilità. Resta però fermo, fa sapere la Regione, che «è ribadito il permanere dell’interesse dell’amministrazione regionale alla promozione, in particolare nel comparto della nautica diportistica, delle iniziative di finanza di progetto che assicurino, oltre al coinvolgimento di capitali privati nella realizzazione delle infrastrutture pubbliche, l’attivazione di modelli gestionali positivi nei rapporti con il tessuto produttivo, locale e regionale». Un anno fa la conclusione dell’iter sembrava cosa fatta. Dopo tre anni di batti e ribatti il percorso era stato annunciato in dirittura d’arrivo dagli stessi uffici regionali. In lizza c’erano le idee progettuali del Consorzio del porto, cui fanno capo quasi tutti gli attuali concessionari, e del gruppo di imprenditori che fanno da referenti locali a Marinedi srl, la società che gestisce numerose marinerie in Italia, comprese Villasimius, Cagliari e Teulada. Tirati in ballo più volte, accusati di ritardi e lungaggini, gli uffici regionali avevano annunciato la svolta imminente. Ma avevano messo tutti in guardia. «La norma attribuisce alla giunta regionale il compito di valutarne l’interesse pubblico previa verifica della fattibilità giuridica, tecnica ed economico-finanziaria dei progetti ed eventuale richiesta di modifiche», era stato detto.

E ancora. «La selezione del promotore è particolarmente delicata perché la scelta della proposta non viene effettuata sulla base di criteri tecnici ed economici predeterminati, ma si basa sulla valutazione discrezionale dell’esistenza di un interesse pubblico che giustifichi l’accoglimento della proposta formulata dall’aspirante promotore».

Un procedimento abbastanza bizzarro, almeno secondo il presidente del Consorzio del porto, Giancarlo Piras. «Bisogna vedere cosa intendono loro per pubblica utilità, perché il nostro progetto ha quel requisito per vari motivi», dice Piras. «Dalla progettazione di un restyling strutturale alla salvaguardia e all’incremento dei posti di lavoro, dall’adeguamento dei concessionari al miglioramento complessivo dell’area portuale attraverso i servizi per gli utenti e la comunità – prosegue il presidente – fino agli interventi di sostenibilità ambientale e alla considerazione che quel progetto l’hanno fatto, tutti insieme, il 99% degli attuali concessionari del porto, che sono soci del consorzio».

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