La Nuova Sardegna

Alghero

progetto sui migranti 

Una raccolta di firme per l’accoglienza diffusa

Una raccolta di firme per l’accoglienza diffusa

ALGHERO. La città dell’interculturalità, dell’accoglienza, del fair play e della contaminazione c’è. La rete istituzionale, culturale, sociale ed economica della Riviera del corallo - nata dall’adesio...

13 luglio 2017
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ALGHERO. La città dell’interculturalità, dell’accoglienza, del fair play e della contaminazione c’è. La rete istituzionale, culturale, sociale ed economica della Riviera del corallo - nata dall’adesione al protocollo di intesa che da due anni permette di portare avanti esperimenti congiunti di convivenza e integrazione - aderisce a “Ero straniero. L’umanità che fa bene”. È la campagna di raccolta delle firme a sostegno della legge di iniziativa popolare per superare la Bossi-Fini e investire di più, e meglio, in accoglienza, inclusione sociale e lavoro, che è stata presentata ieri a Porta Terra dal sindaco Mario Bruno, dalla consigliera Giusy Piccone, dalla delegata del Dipartimento di Architettura, Silvia Serreli e dal coordinatore del comitato promotore locale, Matteo Merini. La nuova legge vorrebbe che in Italia l’accoglienza fosse diffusa, in realtà piccole, investendo su integrazione e lavoro, valorizzando le forze produttive locali, per arrivare a un sistema che preveda la regolarizzazione su base individuale degli stranieri integrati, secondo il modello spagnolo del “radicamento”. La campagna è ideata da numerose associazioni ed è sostenuta da diversi sindaci sparsi per l’Italia. «Alghero in tema di integrazione e accoglienza è una città modello - dice Mario Bruno -. Lavoriamo per una comunità in cui siamo tutti concittadini, portatori di diritti che vanno costantemente aggiornati e ribaditi - aggiunge il sindaco -. Siamo stati tra i primi in Sardegna a sperimentare lo Sprar e a eliminare i campi rom - riflette - e anche il centro di accoglienza del Vel Marì, le cui dimensioni sono congrue rispetto alle caratteristiche demografiche e sociali di Alghero, è un esempio». Visto dalla prospettiva di Architettura, il processo è ancora più radicale e per questo più coinvolgente. «L’università è un attore civico e in questo caso si pone il dovere e l’esigenza di studiare nuovi modi di abitare, per intercettare la contemporaneità e poterle dare un significato sempre aggiornato», dice Silvia Serreli, secondo la quale «l’esperienza ci insegna che serve un dialogo tra culture, che isolati non andiamo da nessuna parte». Un discorso perfettamente in linea con il punto di vista di Giusy Piccone. Per la consigliera di maggioranza «nella richiesta di revisione della Bossi-Fini ci interessa soprattutto l’aspetto legato al mondo del lavoro, dal quale dipende ogni possibilità di realizzare un percorso di integrazione interculturale». Per fare questo, serve «abbandonare le megalopoli di gente ammassata, della quale si certificano i diritti solo dopo anni - chiosa Matteo Merini - servono piccoli centri, dove si insegna italiano, si fa formazione e si cerca di fare integrazione». Alghero c’è. (g.m.s.)

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