La Nuova Sardegna

Alghero

L’appoggio a Bruno agita le anime divise dei Dem catalani

di Gian Mario Sias
L’appoggio a Bruno agita le anime divise dei Dem catalani

La ritrovata alleanza di centrosinistra mostra la prime crepe Ma il segretario cittadino Salis conferma l’appoggio esterno  

08 novembre 2017
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ALGHERO. Ad Alghero ci sono almeno tre Partiti democratici. Il primo è quello ufficiale. Volendo asciugare al massimo la sua descrizione, è quel partito che alle amministrative del 2014 si è presentato da solo, rifiutando di aderire al centrosinistra allargato all’Udc e guidato da Mario Bruno, che aveva deciso di candidarsi a sindaco contro il volere della segreteria cittadina. In questi il Pd di Alghero, quello ufficiale, ha fieramente fatto opposizione a Bruno e, in accordo con le segreterie provinciale e regionale, è sempre rimasto in minoranza nonostante non siano mancate le trattative e i tentativi di pacificazione.

Nell’ultimo mese questo Pd algherese, quello ufficiale, ha rieletto il proprio segretario, ha dimostrato di avere più numeri dei suoi oppositori interni, ha detto di essere pronto per lavorare al nuovo centrosinistra cittadino, e come segno di distensione ha ammesso che Mario Bruno e i suoi potessero rientrare nel partito. Non solo, il Pd ha anche annunciato di voler offrire alla giunta un appoggio esterno, programmatico.

La posizione resta quella, Mario Salis, il segretario, è stato chiarissimo. «Contrariamente a quanto deliberato dal partito e condiviso col sindaco, la nuova giunta comprende anche figure di ex dirigenti iscritti al Partito democratico – dice Salis – è una scelta che rientra nelle prerogative del sindaco ma che si discosta dallo spirito e dalla sostanza del percorso definito nel documento conclusivo del nostro congresso e nelle interlocuzioni che hanno preceduto il ritiro delle sue dimissioni». Motivo per cui «si rende necessario rimarcare la presa di distanza da scelte su incarichi molto discutibili, da relegare a mere decisioni personali».

C’è poi un Pd di mezzo. Il suo leader, emerso prepotentemente negli ultimi due mesi e scelto da alcuni big regionali e territoriali del partito per fare da “pontiere” tra il partito ufficiale e quello di Mario Bruno, è Mimmo Pirisi. Ha salvato per due volte la giunta dal collasso, il giorno del congresso ha consumato le scarpe e i nervi per riuscire a fare convergere tutti su una mozione unitaria a favore dell’uscente Salis, e ha premuto per qualcosa di più di un semplice appoggio esterno. Il massimo che ha strappato è un appoggio programmatico. Non contento, si è discostato ogni giorno di più. Sabato ha detto che lui entra in maggioranza, lunedì l’uomo indicato da lui, Alessandro Balzani, è entrato in giunta come assessore dell’Urbanistica. E ieri Pirisi ha scritto di nuovo per annunciare che si dimette da presidente della commissione di garanzia, ruolo che per regolamento spetta alla minoranza. Insomma, Pirisi si sente organico alla maggioranza e ritiene che questo sia figlio di «mutate condizioni politiche, dettate dal congresso cittadino di qualche settimana fa, che vedono impegnato il Pd in un percorso di dialogo e proposta programmatica con l’amministrazione». Infine c’è il Pd di Mario Bruno, ormai legittimato dalla mozione congressuale a sentirsi di nuovo un esponente del partito, prova a riprenderselo. Lo fa utilizzando i contrasti tra il Pd ufficiale e il Pd di Mimmo Pirisi per presentarsi in consiglio con una maggioranza autosufficiente. «Lavoriamo a un progetto di governo della città di 80 mesi», annuncia Bruno. Si tratta dei 20 mesi che mancano alla fine di questo primo mandato, cui ne seguirà un altro di 60 mesi. Cinque anni. Almeno un Pd, in tutto questo caos, è ottimista.

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