La Nuova Sardegna

Alghero

Il pm: «Il maresciallo va assolto»

di Nadia Cossu
Il pm: «Il maresciallo va assolto»

Carabiniere a processo per peculato, la Procura: la sua condotta fu inoffensiva

11 aprile 2018
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ALGHERO. «Si parla di 100 euro. Non c’è un danno apprezzabile e serio, necessario per qualificare il reato di peculato. C’è un difetto di offensività della condotta del maresciallo e quindi chiedo l’assoluzione perché il fatto non sussiste». Queste le conclusioni del pubblico ministero Angelo Beccu nel processo a carico del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Favarolo (in congedo da otto anni) finito a processo con l’accusa di peculato. All’epoca dei fatti – nel 2009 – Favarolo comandava la stazione di Alghero. Qualcuno aveva portato in caserma una busta trovata all’ingresso di una banca che conteneva 700 euro. Ma ne erano spariti 100 e, in seguito a un esposto anonimo arrivato in Procura, fu indagato proprio il maresciallo che quella busta la teneva in custodia nel cassetto della sua scrivania. In realtà, come da subito chiarì la difesa, quei cento euro erano finiti in un altro cassetto e non appena il comandante li trovò, li consegnò. Per la Procura fu un maldestro tentativo di rimediare al danno fatto, per la difesa, rappresentata dall’avvocato Elias Vacca, la chiara dimostrazione che si trattò di un “incidente”.

Favarolo davanti ai giudici aveva ripercorso quella «terribile disgrazia» in seguito alla quale ebbe un infarto e problemi cardiaci che si porta dietro ancora oggi. «In 42 anni di servizio non sono mai stato sottoposto ad alcun procedimento. Questa disgrazia mi è capitata proprio poco prima di andare in pensione». E si era difeso sostenendo: «Qualcuno mi voleva infangare, volevano far credere fossi stato io a far sparire la banconota. Davo fastidio forse perché non mi sono mai piegato davanti a nessuno, nemmeno con i vertici dell’Arma». I soldi, come ha ricordato ieri l’avvocato Vacca, erano stati sistemati dentro una busta in un cassetto della scrivania dove il maresciallo teneva anche il fondo cassa della caserma con soldi da destinare a cuscini e corone per il funerale dei familiari dei colleghi. «Non è mai esistito l’elemento psicologico che provasse che l’imputato volesse appropriarsi di qualcosa». Il 24 la sentenza.

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