La Nuova Sardegna

Alghero

«Siamo esasperati, nessuno ci ascolta»

di Gian Mario Sias
«Siamo esasperati, nessuno ci ascolta»

Rabbia al mercato civico dopo la lite dei giorni scorsi: qui regna il caos più totale

02 ottobre 2018
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ALGHERO. La violenza non è mai giustificata. Di quanto successo otto giorni fa tra i banchi del mercato si occupa la magistratura. Eventuali responsabilità accertate saranno punite, e la situazione di lavoro degli operatori non sarà un’attenuante. Se le indagini confermeranno la degenerazione di una discussione in uno scontro fisico, con coltelli e martelli spuntati sulla scena, ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. Ma c’è un però: la soglia della sopportazione, all’interno delle mura del mercato civico – tra via Sassari, via Mazzini, via Cagliari e via Genova – è stata superata già da un pezzo. Operatrici e operatori, solitamente disponibilissimi nei confronti di giornalisti e fotografi, scelgono il silenzio stampa. Nessuno si è montato la testa, è solo che «intanto non serve a niente, quelli manco ascoltano, siamo qui nella più totale indifferenza», dice il titolare di uno dei box. Quelli che non ascoltano sono gli amministratori comunali, «che ci hanno abbandonato», sentenziano, rifiutando con cortesia l’invito a una foto o a una dichiarazione.

L’esasperazione non ha tolto la parola a Raffaella Morittu. Sempre in prima linea nella eterna battaglia degli operatori del mercato ortofrutticolo per tornare a casa loro, nella vecchia struttura adiacente a quella dove si sentono ospiti sgraditi, ci mette la faccia anche stavolta. Anche nel clima reso ancora più irrespirabile da quel litigio della scorsa settimana, che ha allungato i musi e cucito le bocche ai più. Comprensibilmente. «Non andrò in pensione sinché non avrò ottenuto quello che ci spetta, e continuerò a denunciarlo», avverte. Le istanze sono sempre le stesse: gli operatori dell’ortofrutta vogliono tornare nel “loro” mercato, «che stranamente per noi è inagibile ma viene continuamente aperto per ospitare eventi di ogni genere». In subordine, «vogliamo che gli spazi siano adeguati». I box del pesce sono troppo piccoli per contenere la loro merce: pagando, vorrebbero poterne occupare di più. Nel frattempo, chiedono comprensione. «È inutile che vengano continuamente i vigili a farci i verbali perché le nostre cassette sono troppo avanti», conferma la signora Morittu. La tensione è tangibile, la rabbia pure. Un po’ è comprensibile.

«In novembre dovrebbero iniziare i lavori di ristrutturazione di questa struttura», è la riflessione che rimbalza da uno stallo all’altro. «Ma non c’è più alcuna certezza dei lavori – dice qualcuno – men che meno si sa dove eventualmente saremo sistemati noi». Giovanni Serra, 73 anni di età e 65 da operatore del mercato del pesce, è ancora più perentorio. «Qui non esistono più regole, regna il caos più assoluto, non c’è un direttore», dice il decano del mercato civico. «Se qualcuno si prendesse la briga di restituire dignità a questo posto, di far rispettare le regole, di accogliere anche le ragioni di chi opera nell’ortofrutta, che ha ragione, questo posto garantirebbe almeno quaranta o cinquanta buste paga». Invece produce solo tensioni.

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