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Alghero, da otto mesi con un’ernia: l’ospedale non ha “retine” per l'intervento

di Gian Mario Sias
Alghero, da otto mesi con un’ernia: l’ospedale non ha “retine” per l'intervento

Una donna di 63 anni racconta la sua odissea nel reparto di chirurgia del Civile. «Sarò costretta a emigrare per sottopormi a una banalissima operazione»

22 ottobre 2019
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ALGHERO. «Mancano le retine da applicare per il contenimento post operatorio e la farmacia ospedaliera non ne ha». È quel che si è sentita dire una donna di 63 anni che da otto mesi e qualche giorno attende di potersi sottoporre a un intervento chirurgico per un’ernia addominale. Dopo mesi di andirivieni tra casa sua e il reparto di Chirurgia dell’ospedale civile, è riuscita a parlare con un medico, ma la risposta del dottore l’ha fatta andare su tutte le furie e l’ha spinta a protestare pubblicamente «anche a nome di tutte quelle persone che aspettano da mesi di essere operate, ma non hanno il coraggio e l’opportunità di alzare la voce».

Se la situazione non fosse già evidentemente paradossale, sintomo dei tanti problemi con cui sta facendo i conti la sanità ad Alghero ma anche nel resto della Sardegna, sfortunatamente per il sistema sardo la protagonista di questa vicenda ha dei modelli di riferimento tra quel che avviene negli ospedali cittadini e altre realtà sanitarie a livello nazionale e internazionale. E il paragone è impietoso. Dei 63 anni portati con grinta, la signora ne ha trascorso 28 in Germania e 35 ad Alghero. Sposata, quattro figli, non lavora dal 2015. Per due anni si è dedicata alla scrittura e al disegno, le sue passioni. Ma dall’anno scorso fa i conti con problemi di salute che le hanno permesso di toccare con mano le disfunzioni di un sistema a corto di risorse, di personale e di efficienza. «I paragoni sono sempre antipatici, ma davvero rispetto a quel che ho visto in Germania qui è un disastro», dice la diretta interessata. «Ma a dire il vero è un altro mondo anche rispetto a Roma, dove lo scorso anno sono stata operata per la rimozione di un tumore all’utero», rivela. «L’efficienza, la tempestività e l’efficacia di quell’ospedale, dove sono stata indirizzata dagli stessi medici che esercitano la loro professione ad Alghero, qui è un miraggio». Il decorso post operatorio, fortunatamente per lei sta andando bene, «ma anche prenotare una tac o una risonanza di controllo è ogni volta un’odissea», lamenta.

Nel frattempo, il 18 febbraio le hanno trovato un’ernia ombelicale. «In sé non è niente di grave, ma nella mia situazione è una cosa un po’ delicata», spiega, forte di mesi di informazioni raccolte tra un reparto e l’altro e tra un professionista e l’altro. «Mi hanno visitato e mi hanno detto di mettermi in lista d’attesa», riferisce. Una lista già di per sé lunga perché «la Chirurgia è costretta a chiedere appoggio all’ospedale marino, o a Ginecologia», rivela. Ma a farla slittare in fondo, come ha scoperto solo dopo molta insistenza, è stata la mancanza di presidi essenziali per poter effettuare l’intervento. «Ogni mese, anche più di una volta, sono andata in ospedale per avere notizie – dice la donna – ma non sono riuscita a parlare col medico sino a poche settimane fa». Per scoprire, dopo otto mesi, che forse avrebbe fatto meglio a emigrare anche stavolta, perché per lei quella lista d’attesa rischia di durare ancora molto a lungo. «Non è pensabile, è un’assoluta vergogna – dice – e ho scelto di rivolgermi al giornale perché anche tanti altri che si trovano nella mia situazione trovino il coraggio di reagire, altrimenti non cambierà mai niente». Ora non resta che attendere, in tutti i sensi, e vedere che succede.

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