La Nuova Sardegna

Alghero

Non spiarono l’operaio, tre assolti

di Nadia Cossu

L’ex dg Sogeaal Peralda e altri due imputati erano accusati di interferenze illecite nella vita privata 

13 febbraio 2020
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ALGHERO. Non ci fu alcuna intromissione nella vita privata di quel lavoratore. Perché le immagini scattate dall’investigatore privato ingaggiato dall’azienda non ritraevano il soggetto nelle pertinenze della sua abitazione, bensì in un terreno dove l’uomo stava lavorando alla guida di un trattore.

Ieri mattina il giudice Elena Meloni ha assolto con la formula «perché il fatto non sussiste» Mario Peralda, ex direttore generale della Sogeaal (la società che gestisce l’aeroporto di Alghero), il responsabile (all’epoca) del personale Giovanni Tolu e l’investigatore Gavinuccio Mandibola. Tutti e tre (i primi due difesi dall’avvocato Nicola Satta e il terzo dal collega Marco Costa) erano accusati di interferenze illecite nella vita privata. Ma lo stesso pubblico ministero, in linea con la tesi dei difensori, ha chiesto l’assoluzione degli imputati. Accolta.

La vicenda era approdata in tribunale dopo la denuncia del lavoratore di 64 anni che si è costituito parte civile nel processo con l’avvocato Edoardo Morette. L’investigatore aveva fotografato il dipendente della Sogeaal (in malattia) per conto dell’azienda ma lui si era sentito violato nel suo diritto alla riservatezza. Le foto – così sarebbe emerso dalle indagini – erano «scattate a una distanza di circa 70 metri» e questo avrebbe dimostrato «che le scene di vita – scriveva il gip Carmela Rita Serra – sono state ritratte con particolari strumenti ausiliari per la captazione delle stesse (lo zoom), in assenza dei quali sarebbero invece state sottratte alla normale osservazione dall’esterno». Sulla base di questa considerazione il giudice aveva ordinato al pm – che aveva invece chiesto l’archiviazione per ben due volte – l’imputazione coatta di Mandibola, Peralda e Tolu.

Tutto era cominciato nel 2014 quando in seguito a un periodo di malattia per una depressione l’azienda aveva incaricato un investigatore privato perché “certificasse” come il dipendente passava le sue giornate. Una volta entrata in possesso del materiale fotografico – che riprendeva l’uomo mentre svolgeva dei lavori con un trattore nel terreno intorno a casa mentre in Sogeaal aveva chiesto di essere esonerato da un certo tipo di mansioni, ad esempio sollevare i bagagli – l’azienda lo aveva sospeso dal servizio.

Il provvedimento era stato però impugnato dagli avvocati Edoardo Morette e Giuseppe Lay. A quel punto la Sogeaal aveva presentato ricorso al giudice del lavoro che aveva rigettato la richiesta di sospensione dal servizio e ordinato la riammissione al lavoro del dipendente perché il fatto che l’operaio svolgesse quei lavori in casa non pregiudicava o aggravava la patologia – che era di natura psichica (depressione) – per la quale aveva preso un periodo di malattia. Parallelamente era scattata la denuncia penale per l’interferenza illecita nella vita privata.

Ma per il giudice Elena Meloni quel reato non sussiste, la documentazione fornita dall’investigatore all’azienda immortalava un’area molto più vasta della “pertinenza” domestica.

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