La Nuova Sardegna

Alghero

Sup, il piccolo daino caduto dalla scogliera e salvato dai surfisti

di Luigi Soriga
Sup, il piccolo daino caduto dalla scogliera e salvato dai surfisti

Pistidda: «Sembrava Bambi, non credevo ai miei occhi» Il cucciolo adesso è in cura al centro di Bonassai

05 giugno 2020
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ALGHERO. È come prendere tra le braccia Bambi, come stringere e proteggere una fetta della propria infanzia. Una cosa che accarezza l’anima e la fa volare leggera.

Sarà per questo che Marco Pistidda, 38 anni, surfista, dice: «Sono esperienze che nella vita possono succederti una volta. Quando ti ricapita di salvare Bambi? Perché gli occhi, lo sguardo, erano esattamente quelli. Non me lo dimenticherò per il resto della vita».

Mercoledì pomeriggio il mare, a Cala Dragunara, era uno specchio azzurro. Con un’amica, sono saliti sulle tavole da Sup, imbracciato la pagaia e si sono diretti verso Capo Caccia, sfiorando tutte le insenature e gli strapiombi che rendono così selvaggio e frastagliato quel tratto di costa. A un certo punto hanno sentito una sorta di vagito, quasi un lamento. «Eravamo a due metri dalla scogliera, ci siamo voltati di scatto. A me sembrava il verso di un gabbiano, a Llùcia il miagolio di un gatto. Insomma, una roba mai sentita prima. Abbiamo remato e ci siamo avvicinati».

Se ne stava accucciato in un anfratto, immobile, un fagottino indifeso con le orecchie grandi, all’insù, e gli occhi come miele. Osservava queste due sagome che scivolavano sull’acqua e gli si facevano incontro. Non aveva via di scampo. Ancora non lo sapeva, ma Marco e Llùcia gli avrebbero salvato la vita.

«Lo abbiamo visto ed è stato incredibile. Un cuccioletto di daino, nato da qualche giorno, che ci guardava impaurito. Era lui, era Bambi, uguale al cartone. Doveva essere caduto dal dirupo, e la scogliera era talmente a picco che nemmeno un animale così agile è stato in grado di risalire. Si è messo in piedi, non sembrava ferito. Giusto qualche escoriazione per la caduta e per i vani tentativi di arrampicarsi. Abbiamo provato subito a rassicurarlo, parlandogli piano. Ma come abbiamo fatto due passi è scattato cercando di scalare la parete. Dopo due tentativi si è arreso». Bisognava decidere come prenderlo e portarlo in salvo: «Non so se è una cosa che ho visto in tv o che ho letto da qualche parte. Fatto sta che mi ricordavo che gli animali selvatici, quando gli getti addosso un telo che copre gli occhi, si paralizzano e si fanno catturare». Così Marco Pistidda decide di ritornare a Cala Dragunara, avvertire gli uomini della Forestale, prendere dall’auto un asciugamano e ritornare da Bambi e da Llùcia Peana, che ha continuato a sorvegliarlo e a rassicurarlo nel piccolo anfratto. «In un quarto d’ora ero di nuovo lì. Mi sono avvicinato, ho allargato l’asciugamano e gliel’ho lanciato sulla testa. E il vecchio sistema in effetti ha funzionato. Il cucciolo è rimasto immobile e si è fatto prendere». Poi pian piano gli hanno scoperto il muso e gli occhi, e sempre tenendolo tra le braccia, e lo hanno coccolato con sussurri e carezze. Il cucciolo da quel momento si è sentito al sicuro e si è fidato. «Credo che fosse lì da qualche giorno. C’erano escrementi e urina, e si vedeva che era disidratato. Abbiamo anche provato a dargli dell’acqua facendo una scodella con le mani giunte, ma non aveva ancora imparato a bere. Ci tuffava il naso dentro ma non leccava». Il sole, nel frattempo, stava cominciando a tramontare ed era il momento di darsi una mossa. Llùcia ha tenuto il daino tra le braccia, sempre avvolto nell’asciugamano. Si è seduta a prua della tavola, mentre Marco a poppa ha pagaiato per rientrare a Cala Dragunara. Il piccolo daino era tranquillo, addirittura gli occhi socchiusi, sicuramente stremato. Dopo venti minuti hanno raggiunto la riva, dove li attendevano i ranger della Forestale. Il tempo delle ultime carezze sulla testa e poi il momento del passaggio di consegne. «Innanzitutto abbiamo scoperto che si trattava di un maschietto. Glielo abbiamo affidato con la promessa che ci avrebbero aggiornato sul suo stato di salute». Ora si trova al centro di recupero della fauna selvatica di Bonassai, dove trascorrerà tutto il periodo dello svezzamento. «Ci hanno detto che potremo anche andare a trovarlo, fintanto che non sarà pronto per riconquistare la libertà e cavarsela da solo. Ci piacerebbe anche assistere a quel bellissimo momento».

Marco e Llùcia però, prima di lasciare il cucciolo di daino, hanno voluto dargli un nome che ricordasse quella indimenticabile giornata: da quel momento si chiamerà Sup, come la tavola che lo ha portato in salvo.

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