La Nuova Sardegna

Alghero

In spiaggia la distanza è pelle a pelle

di Luigi Soriga
In spiaggia la distanza è pelle a pelle

Nelle dune della Conchiglia decine di ragazzini stanno appiccicati e si passano la sigaretta: «Il Covid? Ormai non c’è più»

3 MINUTI DI LETTURA





ALGHERO. Il distanziamento sociale è sul modello formicaio. Alle 14 sulla sabbia di Maria Pia il contatore della luce macina a pieni chilowatt, almeno 35 gradi, e le dune della Conchiglia sono colonizzate da decine e decine di ragazzini che si contendono ogni centimetro d’ombra. Le regole Covid saltano completamente per aria: entro la fascia protetta dei 100 metri dalla battigia tutto sembra consentito. Gli adulti arrivano in mascherina, camminano protetti sulle passerelle in legno, poi piantano l’ombrellone e sistemano i dispositivi dentro le sacche. Nugoli di ragazzi, dai 16 ai 18 anni, vengono armati di zaini, ciabatte, asciugamani e incoscienza, e vivono il mare come se il Covid fosse una pratica ormai archiviata, adagiandosi sulla sabbia pelle a pelle, respiro a respiro, sudore a sudore, saliva nebulizzata a saliva nebulizzata.

Matteo ha 16 anni, vive ad Alghero, ha parcheggiato la bici in pineta, è qui con gli amici, tutti spalmati sotto un albero. Dice: «Ma scusa, il coronavirus da noi non è finito? Non ci sono più contagi, con il caldo è scomparso. Mica possiamo stare con la mascherina anche al mare». Non è un inevitabile calo dell’attenzione, non è una semplice sottovalutazione di un rischio, è la sua totale e pericolosa negazione. «Che dicono i miei genitori? Nulla. Non sono preoccupati. Cosa dovremo fare, restare ancora tutti chiusi in casa?».

Nelle vie, nei negozi, anche nelle strade un barlume di prudenza ancora resiste. Il Covid è un’eco distante, ma c’è la percezione che possa ribussare alle nostre latitudini. In spiaggia invece salta il banco, è come se la crema abbronzante fosse il vaccino che tutti cercavano, come se l’abbronzatura renda i ragazzi invulnerabili. Saranno almeno cinquanta, e i loro asciugamani si sfiorano. Chiacchierano, ridono, scherzano, le coppie si scambiano coccole e baci, e sono immagini spiazzanti, perché da un lato sbattono in faccia la sacrosanta voglia di normalità e la giusta spregiudicatezza di chi si sente immortale. Ma dall’altro lato mostrano quanto la guardia sia ormai bassa e quanto un potenziale focolaio trovi materia prima sopra la quale divampare.

Una ragazzina accende una sigaretta, fa giusto un tiro, si vede che non è una fumatrice. Poi la passa all’amica, e lei la stringe tra le labbra e aspira. Quel gesto istintivo equivale a una certificazione, a un timbro mentale: la pratica covid è ormai vidimata, appartiene al passato. Anche in acqua qualsiasi forma di distanziamento salta. Il metro resiste tra chi gioca a pallavolo e calcio, ma si sgretola quando una decina di ragazzini si mettono uno sopra l’altro per formare la classica piramide umana. Dove c’è sempre quello che sale in cima, e nel tentativo di mettersi in piedi per tuffarsi, piega le spalle e torce il collo dei compagni, facendo crollare tutto.

La distesa di ombrelloni sembra fitta fitta, ma almeno i centimetri sono condivisi per lo più tra familiari. Una nonna, che ha portato in spiaggia le due nipotine, guarda le dune e scuote la testa. «Dovevate vedere cosa c’era domenica scorsa. Era un pomeriggio ventoso, e in acqua e sotto gli ombrelloni si stava male. Allora tutti si sono addossati a ridosso delle dune, lì all’ombra, e la scena faceva paura. Ci saranno stati almeno cento ragazzi appiccicati l’uno all’altro, completamente inconsapevoli del rischio».

La paura, l’ansia che tutto non sia ancora finito, per ora sono un virus che contagia solo gli adulti.



Primo piano
L’inchiesta

Gaia Costa morta a causa delle lesioni craniche

Le nostre iniziative