La Nuova Sardegna

Cagliari

Le società partecipate di 352 comuni sardi: giungla fuori controllo

Le società partecipate di 352 comuni sardi: giungla fuori controllo

Allarmante rapporto della Corte dei conti

09 maggio 2014
2 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Informazioni carenti e caos caratterizzano l’onerosa gestione (per le casse pubbliche) delle società e degli organismi partecipati da 352 su 377 comuni della Sardegna, ai quali la legge di stabilità per il 2014 impone di dismettere entro il 31 dicembre quelle che non presentano i requisiti di necessità ed efficienza previsti dalla normativa nazionale.

A questa responsabilità richiama le amministrazioni interessate (sono appena 25 quelle escluse per mancanza di partecipazioni) la sezione di controllo della Corte dei conti che ha appena concluso un monitoraggio reso faticoso dalla «resistenza o, in molti casi, la difficoltà» dei Comuni e persino dei revisori nel fornire quadri attendibili di costi e benefici.

Finora delle 352 amministrazioni interessate appena 54 si sono espresse su conservazione o dimissione delle proprie partecipate e non sempre previa ricognizione di quelle possedute.

In sintesi, in molti casi le assemblea civiche si sono espresse «al buio», in mancanza di notizie affidabili sulla consistenza organizzativa-gestionale-finanziaria delle proprie partecipate. Anche quando ne hanno deliberato la dismissione, le procedure di liquidazione sono state pesantemente rallentate o differite nel tempo. A questo proposito la Corte dei Conti fa un richiamo agli organi di revisioni «affinchè procedano per il futuro con puntualità» alle rilevazioni necessarie.

Quando i dati ci sono, come nel caso dei comuni con più di 30mila abitanti (Cagliari, Sassari, Nuoro, Oristano, Quartu Sant’Elena, Olbia e Alghero), i giudici contabili riscontrano «allarmanti sistematiche perdite di esercizio e pesanti dotazioni di personale». Peraltro le attività affidate alle partecipate spesso non sono sempre in linea con le finalità istituzionali generali proprie dei Comuni, come richiesto dalla normativa come «condizione indispensabile» per la loro conservazione. La Corte dei Conti, quindi, chiede alle amministrazioni di impegnarsi non solo a un’«esaustiva ricognizione», ma anche a dismettere le partecipate ormai vietate dalla legge.

Per quelle che i consigli comunali decideranno di conservare, non basterà asserire che servono ma dovrà essere «motivata la convenienza economica».

Fra i 54 Cmuni che hanno effettuato la ricognizione delle proprie partecipate, 21 non hanno istituito alcun ufficio incaricato dei compiti di controllo, con conseguente «deficit informativo» che allarma la Corte dei Conti. Dalla miriade di dati raccolti dai giudici contabili emerge che i Comuni con società in house sono 27, mentre quelli con fondazioni risultano 38: di questi, 30 non hanno adottato la delibera di ricognizione e quindi di autorizzazione alla conservazione, mentre 21 non hanno ancora investito alcun ufficio di compiti di controllo. Altri 23 Comuni hanno altre partecipazioni societarie ma appena cinque sono in regola con gli obblighi di ricognizione funzionali a conservarle.

In Primo Piano
Tribunale

Sassari, morti di covid a Casa Serena: due rinvii a giudizio

di Nadia Cossu

Video

Impotenza maschile e suv, ne discutono le donne: la risposta di Geppi Cucciari ai talk show dove soli uomini parlano di aborto

Le nostre iniziative