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Cagliari, razzismo a scuola: bagni separati per gli allievi migranti. Ma il caso è rientrato

Cagliari, razzismo a scuola: bagni separati per gli allievi migranti. Ma il caso è rientrato

Inquietante episodio di discriminazione nell'Istituto parificato religioso Nostra Signora della Mercede. I piccoli erano sbarcati in Sardegna senza genitori

01 ottobre 2016
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CAGLIARI. I bambini non volevano andare al bagno, non in quello destinato anche ai compagni arrivati dall’Egitto e dall’Etiopia. Probabilmente messi in guardia dai genitori non volevano rischiare chissà quale contagio. Per questo la direzione dell’istituto parificato religioso Nostra Signora della Mercede aveva preso una decisione che rimanda all’apartheid sudafricano: servizi separati, qui i bianchi e là i neri.

Ma non è finita: alcuni genitori, già impauriti davanti al pericolo che i loro pargoli s’ammalassero, avevano manifestato il timore che i due bimbi senza famiglia, sbarcati a Cagliari tra giugno e luglio, avessero tendenze violente. La ragione? Il loro vissuto, le sofferenze patite nei paesi d’origine, la perdita della madre e del padre, una matrice sociale certo lontanissima dal mondo dei ragazzi cagliaritani, tutto iphone, pokemon e playstation. Insomma: tante minacce contenute in due bambini di dieci anni, ospitati in una casa famiglia e iscritti alla quinta elementare con tanto di insegnante di sostegno perché la loro vita avesse una prospettiva. Minacce patite al punto da indurre due coppie di genitori a ritirare i loro figli da scuola malgrado frequentassero classi diverse da quella dei due piccoli migranti.

Ora è tutto rientrato, i servizi igienici sono di nuovo aperti a tutti, neri compresi. Ma perché alla scuola di via Barone Rossi cadessero i pregiudizi e tornasse il conformismo tipico della cagliaritaneria c’è voluta un’assemblea generale, dove le due tutrici degli scolari migranti - le avvocate Marina Bardanzellu e Maria Antonella Taccori - hanno spiegato con grande impegno e pazienza quanto era scontato: nessun rischio per la salute, i due ragazzi erano entrati in aula coi certificati dell’Asl, dopo visite accurate e controlli clinici rigorosi. La violenza poi, bastava guardarli: «In pochi mesi hanno imparato a parlare e a scrivere in italiano - spiega l’avvocata Bardanzellu - sono ragazzi dotati di un’intelligenza viva, attenti e scrupolosi, educati e gentili».

E le suore mercedarie? Alla richiesta del cronista di un colloquio telefonico la risposta è stata: «Non rilasciamo interviste, arrivederci». Su altre testate filtrano spiegazioni prive di autori dichiarati: «Non è stato razzismo, solo disinformazione». A spezzare una lancia in favore dell’istituto scolastico è l’avvocata Bardanzellu: «I ragazzi musulmani sono stati accolti e inseriti - spiega la tutrice - e questo va riconosciuto. Poi si è verificata una catena di situazioni complicate, per le quali ero sul punto di rivolgermi al giudice minorile». La ragionevolezza - e il rispetto della legge - si è fatta strada dopo una decina di giorni, in cui le suore si sono trovate a lottare tra il rischio di perdere studenti e quello di passare per una scuola del Missouri: «Alla fine è arrivato il chiarimento - taglia corto Bardanzellu - questo è l’importante».

Un commento, nell’indignazione palpitante registrata dai social network, arriva da Angela Quaquero, presidente dell’Ordine sardo degli psicologi e referente della Regione per l’emergenza migranti: «Un episodio gravissimo, che si configura come un pesante trauma per tutti e che richiede un’azione immediata». Prosegue la Quaquero: «Il trauma riguarda sia chi subisce questa inaccettabile discriminazione, sia chi ne è inconsapevole esecutore. Per questo è indispensabile la disponibilità delle stesse famiglie che hanno di fatto costretto la scuola a riservare bagni separati per i bambini di colore. L'episodio, di per sè gravissimo, lo è ancora di più se si considera che va ad incidere su un'età, quella evolutiva, nella quale restano tracce indelebili, con pericolosi esiti nel corso della vita, soprattutto sul versante della maturazione affettiva». (m.l)

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