Meningite: a Cagliari c'è un focolaio, ma nessuna epidemia
Due discoteche chiuse per "carenze igienico sanitarie di carattere generale". L'infettivologo Paolo Castiglia: "I numeri non sono cresciuti rispetto a 20 anni fa quando cominciò la vaccinazione". L'assessore Luigi Arru: "Stiamo adottando le misure necessarie"
CAGLIARI. Otto casi di meningite negli ultimi tre mesi in Sardegna e due morti. Ma secondo lo staff dell'unità di crisi sanitaria contro la patologia non si tratta di epidemia: profilassi e vaccinazione continueranno a riguardare solo i contatti stretti. Per ora rimane il focolaio accertato a Cagliari e provincia.
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Per quanto riguarda la donna di 38 anni ricoverata ieri all'ospedale Santissima Trinità del capoluogo, è escluso che si tratti di meningite. Il punto sulla situazione è stato fatto questa mattina dall'assessorato regionale della Sanità incontrando i giornalisti. È emerso che in questo primo periodo dell'anno, in concomitanza con la registrazione dei primi casi, sono state chiuse due discoteche, l'Fbi di Quartu, ora in regola e già riaperta ma sotto sorveglianza, e il Cocò di Cagliari perché, spiega la Assl, sono state rilevate carenze igienico sanitarie «di carattere generale».
«Solo una concomitanza, il problema non sono le discoteche o i locali in sé, ma l'eventuale sovraffollamento e i comportamenti a rischio», precisa Giorgio Steri, direttore del Servizi di igiene pubblica dell'azienda sanitaria. È emerso anche che uno degli ultimi giovani colpiti dalla meningite - il particolare è stato svelato da Paolo Castiglia, esperto di malattie infettive, ordinario all'Università di Sassari - abbia rifiutato la profilassi proposta dopo essere stato a contatto con una persona già malata.
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«Bisogna ricondurre la preoccupazione, comprensibile considerando anche l'età delle persone colpite, in un alveo di correttezza e proporzionalità - sottolinea l'assessore Luigi Arru - stiamo lavorando già dalla settimana scorsa per attivare e valutare tutte le misure necessarie».
Ma è emergenza? «No - risponde Castiglia - Rispetto agli anni precedenti c'è stato un incremento. Ma comunque i numeri non sono cresciuti rispetto a 20 fa, quando iniziò la vaccinazione. Non è dovuto a un singolo ceppo». Allora a che cosa? «Primo - riassume l'esperto - la stagione è stata particolarmente fredda con sbalzi di temperatura e c'è stata la peggiore epidemia influenzale degli ultimi anni. Secondo, un gran numero di casi è accomunato dall'età e dalla frequentazione di luoghi affollati»