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Cagliari

Addio al carbone Sulcis: nella miniera ora si spia l'universo

Addio al carbone Sulcis: nella miniera ora si spia l'universo

La riconversione del sito di Nuraxi Figus dove si distilla l'argon per l'esperimento Dark Side dell'Istituto di Fisica nucleare

16 novembre 2019
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CAGLIARI. La scommessa della riconversione è vinta. Dalla fine dell'estrazione del carbone ad oggi, le miniere del Sulcis sono diventate un laboratorio per la ricerca scientifica che ha pochi eguali al mondo. Punta di diamante è la «distillazione» dell'argon nel sito di Nuraxi Figus, il gas indispensabile per riuscire a 'vederè la materia oscura, che occupa il 25% dell'universo, nell'esperimento Dark Side condotto sul Gran Sasso dall'Istituto nazionale di Fisica Nucleare. Partita un anno fa, la ricerca ha già dato risultati sorprendenti. E il ministero dello Sviluppo economico promuove a pieni voti il progetto avviato in Sardegna, e chiamato Aria.

«Ci crediamo molto - conferma il viceministro Stefano Buffagni in occasione del convegno a Cagliari in cui sono stati illustrati gli esiti del primo anno di sperimentazione - Passiamo dal carbone alle stelle, e in questo modo portiamo le miniere nel futuro. Insomma, dalla fase di chiusura si arriva al rilancio». Una svolta per il Sulcis richiamata anche dalla sottosegretaria al Mise Alessandra Todde, forte della sua esperienza nel campo dell'innovazione. «Si è chiuso un ciclo produttivo e adesso le miniere riconvertite possono garantire sviluppo e occupazione in una delle province più povere d'Italia».

È stato Cristian Galbiati, ricercatore ai laboratori del Gran Sasso, professore alla Princeton University e responsabile scientifico di Aria, a fare il punto sui successi ottenuti finora. Il progetto internazionale, che vede il coinvolgimento delle due Università sarde di Cagliari e Sassari, è nato per la produzione di isotopi in grado di interagire con la materia grazie a una grande infrastruttura costruita nelle viscere della terra: una colonna alta quanto la Tour Eiffel, 350 metri di moduli già collaudati al Cern e installati nel pozzo di Monte Minni. Servono a distillare l'argon, ovvero la sostanza che dialoga con la materia. Ebbene, svela Galbiati, «la tecnologia è stata ampiamente dimostrata operando il prototipo sui primi 24 metri: siamo riusciti a dimostrare la separazione degli isotopi, un risultato che ci aspettavamo con la colonna terminata, in questo modo invece abbiamo già una proiezione completa del risultato finale».

Tutto questo cosa comporta?. «Significa che qui in Sardegna - spiega il ricercatore - avremo un centro internazionale di eccellenza per la produzione di argon speciale, e il centro più importante al mondo per la produzione di isotopi stabili come il carbonio 13 e l'ossigeno 18, fondamentali per le ricerche contro il cancro e lo sviluppo dei farmaci per le malattie rare e tradizionali». La miniera sarda è stata scelta cinque anni fa per due ragioni: in primo luogo perchè era in via di dismissione ma non ancora chiusa, poi perché in grado di garantire la dimensione di altissima purezza e protezione che necessita all'argon, presente solo in atmosfera, per adempiere al ruolo di 'spià dell'universo che non si conosce. «Il futuro è roseo. Anche sul fronte delle ricadute economiche. Tutta la filiera di isotopi vale un miliardo di euro - osserva Galbiati - ma il valore aggiunto sarà il processo di trasformazione secondaria, quello delle piccole start up che prendono gli isotopi e li trasformano in proteine, vitamine e molecole più complesse. Ed è in questa fase di avvio che noi chiediamo al governo regionale e nazionale che questa realtà resti qui in Sardegna». (Ansa/Roberto Murgia)

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