A 30 anni dalla morte resta ancora il giallo, ecco chi era Manuela Murgia
La sedicenne trovata morta a Tuvixeddu nel 1995 viene descritta come timida, pacata, religiosa e molto legata alla famiglia
Cagliari Era una ragazza timida, pacata, religiosa, molto legata alla famiglia. I vicini la ricordano sempre sorridente e gentile, senza ombre nel passato. Chi la conosceva parla di una sedicenne di altri tempi, capace di rinunciare alla scuola per aiutare la madre con le sorelline, cresciuta nel quartiere popolare di Is Mirrionis, in una casa di via Barigadu.
Il 4 febbraio 1995, Manuela Murgia uscì di casa senza dire nulla. Indossava jeans sotto cui teneva ancora i pantaloni del pigiama. Sul tavolo lasciò un rossetto e un profumo. Una vicina la vide salire su un’auto blu. Era mezzogiorno e mezzo. Non tornò più.
Il giorno dopo, una telefonata anonima al 113 indicò il luogo del ritrovamento. Il corpo della ragazza fu trovato nel canyon artificiale di Tuvixeddu, la più grande necropoli punica del Mediterraneo, nel cuore di Cagliari. Per gli investigatori dell’epoca, si trattò di un suicidio o di una caduta accidentale. Ma i dubbi non mancarono: lesioni interne gravi, ma pochi segni visibili all’esterno. Nessuna traccia di droga o gravidanza, nessuna conferma di violenza sessuale. E soprattutto, nessun motivo apparente per togliersi la vita.
Eppure qualcosa, secondo i familiari, non tornava già da prima. Telefonate misteriose, crisi di pianto improvvise, somme di denaro nascoste nella plafoniera del bagno – soldi che Manuela non avrebbe potuto avere. Indizi inquietanti, mai chiariti.
Nel 2012, un primo tentativo di riapertura del caso. Nel 2024, una nuova istanza presentata dalla famiglia, respinta dalla Procura. Ora, nel 2025, la speranza si riaccende grazie a una nuova consulenza del medico legale Roberto Demontis, secondo cui le lesioni sarebbero compatibili con un incidente stradale, seguito da una violenza sessuale e un occultamento del corpo.
A trent’anni dalla morte, la storia di Manuela non è chiusa. “Siamo fiduciosi nella Procura”, dichiarano gli avvocati Giulia Lai e Bachisio Mele, legali della famiglia. Intanto le sorelle Anna ed Elisabetta, il fratello Gioele e i genitori continuano a chiedere giustizia, a tenere viva la memoria di una ragazza scomparsa troppo presto, che amava i bambini, la famiglia e che – forse – voleva solo incontrare qualcuno quel giorno.
Un incontro da cui non è più tornata.