Le analisi sui vestiti di Manuela Murgia, concessi altri trenta giorni – l’indiscrezione
I primi accertamenti sembrano escludere che un pelo trovato negli indumenti appartenga all’indagato Enrico Astero
Cagliari Ulteriore proroga chiesta dal Ris di Cagliari al gip Giorgio Altieri per la consegna dell’elaborato peritale sugli indumenti di Manuela Murgia, la ragazza sedicenne cagliaritana trovata morta il 5 febbraio 1995 ai piedi del canyon di Tuvixeddu e il cui caso è stato riaperto a distanza di tanto tempo con l’ipotesi di omicidio volontario. C’è anche un indagato ed è il fidanzato di allora della ragazza, Enrico Astero, oggi 54enne.
Il giudice, nella mattinata del 27 novembre, ha concesso altri trenta giorni agli investigatori scientifici dei carabinieri di Cagliari per completare la loro attività di laboratorio sui reperti biologici ritenuti idonei alla comparazione con altri profili genetici, per primo quello dell’unico indagato. Un risultato di particolare importanza sarebbe già stato ottenuto ed è quello che sembra escludere che un pelo trovato fra gli indumenti di Manuela possa essere di Astero. Ma neppure della vittima. Il lavoro del Ris si sta rivelando particolarmente complesso e di difficile completamento.
Gli investigatori avevano avuto l’incarico fiduciario del Gip il 7 luglio scorso, con ottanta giorni di tempo per espletarlo. Il 18 settembre era stata chiesta e autorizzata una proroga di ulteriori 45 giorni con scadenza il 9 novembre. Ma tre giorni prima, il Ris aveva chiesto e ottenuto una nuova deroga per la presentazione della loro perizia, slittata al 30 novembre. Ma neppure per quella data l’elaborato peritale sarà pronto. Per questo la richiesta di una nuova proroga di 30 giorni, autorizzata questa mattina dal Gip Altieri.
Slitta quindi anche la data dell’incidente probatorio per l’esame dell’elaborato peritale del Ris, che sarà fissata quanto prima dal giudice. Gli investigatori devono completare la comparazione dei profili genetici dei familiari con quelli finora trovati negli indumenti della ragazza, custoditi per 30 anni negli archivi dell’ex istituto universitario di medicina legale di via Porcell. Ma non solo comparazioni genetiche, come spiega l’avvocato Bachisio Mele, che con le colleghe Giulia Lai e Maria Filomena Marras, tutela la famiglia di Manuela, costituitasi parte civile.
«E’ tutto a questo punto molto difficile – commenta l’avvocato Mele -. Gli investigatori del Ris stanno facendo un lavoro molto complesso, anche con accertamenti e verifiche non solo di carattere biologico, ma anche dinamico. Stanno in pratica accertando se la ragazza era stata trascinata dove poi è stato trovato il suo corpo, o altro. A distanza di un centinaio di metri e poco più, erano stati rinvenuti a suo tempo il portafoglio di Manuela e un fazzolettino con rossetto della ragazza. Distante quindi dal presunto punto di impatto del corpo col suolo del corpo, incompatibile con una caduta dalla rupe per circa 35 metri. L’attività del Ris è volta adesso a verificare se i reperti trovati nel vestiario e nelle scarpe di Manuela, quali ramoscelli e terriccio, sono compatibili con quelli che nei giorni scorsi gli investigatori hanno prelevato a Tuvixeddu nella vegetazione e nel terreno nel corso di un sopralluogo. Appare certo che il Ris sta entrando adesso anche nella dinamica del fatto, cioè che la ragazza sia stata trascinata e non sia precipitata nel vuoto del canyon. Abbiamo estrema fiducia nell’operato del Ris».
Un caso, quello della morte di Manuela Murgia, riaperto lo scorso marzo dopo la presentazione in Procura degli esiti della consulenza che i familiari della ragazza avevano al medico legale Roberto Demontis, da sempre convinti che Manuela sia stata uccisa e non morta suicida. Il parere del professor Demontis è l’opposto di quello della perizia medico legale di allora, eseguita dai colleghi Paribello e Santa Cruz, con cui si attribuiva la morte a un atto suicidario. Per Demontis è stato invece un omicidio, preceduto anche da violenza sessuale.
