La Nuova Sardegna

Nuoro

Il granito di Buddusò conquista Shanghai

Giovanni Gelsomino

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BUDDUSÒ. Una rivincita? Non proprio. Forse una inversione di tendenza, sia pure giocata sulla qualità più che sulla quantità. Il granito di Buddusò, infatti, sbarca a Shanghai e parte alla conquista del resto della Cina. Merito della Logudoro Graniti dei fratelli Luca, Mario e Giovanni Fumu (tre generazioni di cavatori alle spalle).
 È stata, infatti, la loro azienda, visionata fin nei minimi dettagli dai tecnici inviati direttamente dalla Cina, a prendere l’appalto per la fornitura di blocchi di granito grezzo che rivestiranno la prima delle nove gigantesche torri che modificheranno il profilo, la skyline, della città che conta quasi 18 milioni di abitanti. Ebbene, i blocchi grezzi del bianco sardo prodotto nella cava di Buddusò, entrano per la prima volta nel mercato cinese. Per ora - dice Giovanni Fumu - dobbiamo fornire i primi cinquecento metri cubi che servono al rivestimento della prima torre. Il primo container è già partito da Cagliari via mare per essere scaricato direttamente nel porto di Xiamen, e da lì i blocchi saranno portati nella Best Cheer Stone Group, una delle più grandi fabbriche di segaggione del mondo, con ben 52 telai che taglieranno in lastre il nostro granito. La scelta dei cinesi non è casuale. Il granito di Buddusò è, infatti, considerato tra i migliori al mondo (e per questo anche uno dei più cari fra quelli prodotti nell’isola). Le sue caratteristiche particolari vanno dall’omogeneità del colore alla resistenza, compresa quella agli sbalzi improvvisi di temperatura, fondamentale quando si devono rivestire edifici che vanno su oltre i cento metri e in zone dove la temperatura varia continuamente di molti gradi nel corso della stessa giornata. Per i sardi è sicuramente una soddisfazione che proprio la Cina, oggi la più grande produttrice mondiale di granito, quando deve fare lavori di un certo pregio e che devono durare nel tempo, si rivolga al mercato sardo. In questi ultimi anni, la Cina, giocando al ribasso, ha invaso tutti i mercati, compreso quello sardo, sbarcando addirittura a Olbia, il cuore di quella Gallura e del confinante Logudoro, che fino a pochi anni fa erano i maggiori produttori di granito al mondo, occupando stabilmente la seconda posizione dietro il Brasile e di gran lunga più avanti del mercato asiatico in generale e cinese in particolare.
 Mercato al quale stanno ricominciando a puntare sia la Germania (il granito cinese pare non abbia dato i risultati sperati soprattutto nelle pavimentazioni); sia alcuni paesi del Golfo che valendosi della mediazione di grosse fabbriche di trasformazione del Continente, guardano al granito sardo con rinnovato interesse.
 Il granito cinese, con prezzi che sono spesso inferiori del 50-60 per cento a quelli praticati dalle nostre cave, ha messo in ginocchio il settore, c’è voluto del tempo perché i nostri cavatori capissero che l’associazionismo, come nel caso della Monte Ladu, può essere una risposta intelligente. Del resto il Padreterno è stato oltremodo generoso con Buddusò donandogli un granito praticamente unico al mondo. Ma questo da solo non sarebbe bastato senza l’intraprendenza e la professionalità dei cavatori locali. Certo, è presto per dire che si sta uscendo dalla crisi. Ma chi ha resistito (purtroppo meno del 20 per cento delle cave sono sopravvissute al crollo produttivo di questi ultimi cinque anni) potrebbe togliersi qualche soddisfazione, con più intelligenza e parsimonia rispetto al passato. La crisi insegna.
 
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