Assenteismo in Comune, il gip sospende i 5 indagati
Il giudice rigetta, invece, la richiesta di misura cautelare agli arresti domiciliari Alla notizia del provvedimento, un sit-in in municipio. E venerdì un’assemblea
NUORO. Rigettata la richiesta di misura cautelare agli arresti domiciliari, accolta, invece, quella di “sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio”. Ed è stata accolta, in sostanza, perché il gip, concordando, su questo punto, con la tesi del procuratore Andrea Garau, ha ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato.
È arrivata come una bomba, ieri mattina, in Comune, la notizia del provvedimento del giudice delle indagini preliminari sul caso dei cinque dipendenti comunali accusati di truffa per i quali la Procura aveva chiesto gli arresti domiciliari e la sospensione dal servizio.
Perché, secondo l’accusa, avrebbero “rubato” diverse ore di lavoro, visto che in quelle stesse ore non erano sul posto di lavoro e non avevano timbrato il cartellino. Ieri mattina, dunque, dopo diversi giorni di studio delle carte, il gip Mauro Pusceddu ha deciso di sciogliere la riserva, e ha sospeso per due mesi dal servizio i cinque indagati principali dell’inchiesta: Graziano Mingioni, Mariano Mura, Antonio Mingioni, Matteo Floris e Paolo Raimondo Corona. Sospesi dal servizio per due mesi e senza stipendio per gli stessi mesi. La notizia del provvedimento, in pochi istanti è rimbalzata in Comune e ha scatenato una reazione immediata da parte dei dipendenti del municipio che hanno fatto un piccolo sit-in davanti al palazzo di via Dante in segno di solidarietà nei confronti dei cinque dipendenti sospesi. Se le proposte di ieri verranno confermate, poi, venerdì ci dovrebbe essere un’assemblea dei lavoratori.
Il fatto è che l’inchiesta giudiziaria sull’assenteismo si intreccia con un clima difficile, in municipio. E arriva dopo mesi di volantini di veleni, procedimenti disciplinari in parte archiviati e in parte no, ripetute segnalazioni circa assenze ingiustificate dal posto di lavoro. Un clima bollente che alla fine ha scatenato anche l’intervento dei carabinieri e l’apertura di un’inchiesta da parte del procuratore. Difesi dagli avvocati Angelo Manconi e Antonio Meloni, gli indagati hanno sempre affermato di essere in credito di ore, e spiegato che le uscite erano in gran parte giustificate dal lavoro, e che in ogni caso il badge non funzionava come avrebbe dovuto. Ma le loro spiegazioni, evidentemente, non hanno convinto il gip.