La Nuova Sardegna

Nuoro

Omicidio di Orune, la vedova Chessa parla al processo: «Una vita distrutta»

di Valeria Gianoglio
Omicidio di Orune, la vedova Chessa parla al processo: «Una vita distrutta»

In Corte d’assise depone la moglie dell’allevatore ucciso: «La mia famiglia non è mai stata schierata con la faida»

21 aprile 2016
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NUORO. «Com’è stato tirare su due figli da sola?», le chiede, l’avvocato di parte civile, Angela Nanni. Maria Antonietta Manca, prima di rispondere, prende fiato, fa un piccolo sospiro, poi si volta verso il legale e il resto dell’aula, e lo dice quasi tutto d’un fiato, senza riuscire a trattenere le lacrime: «È stata dura, lo è anche ora. Francesca, quando hanno ucciso il padre, aveva 13 anni, Marcello 16, erano due adolescenti ed erano a casa, quando è successo. È un fatto che ha sovvertito tutta la nostra vita, che ha sconvolto la loro adolescenza. I miei figli hanno vissuto l’inferno in quella casa, proprio in quella casa che li doveva proteggere. È un fatto che ai ragazzi li ha cambiati: Chicca non rientra più a casa da sola. Si è chiusa nel suo dolore».

È stata l’udienza delle lacrime, della rabbia per una vita spezzata, e dei silenzi carichi di domande, quella di ieri, al processo per l’omicidio di Francesco “Cisco” Chessa, ucciso il 18 maggio del 2005 davanti all’uscio della sua casa, a Orune. Le fucilate di quella notte, gli attimi terribili seguiti ai botti, l’angoscia e al dolore, sono stati raccontati ieri in aula sia dalla vedova di Chessa, sia dai due figli.

Quella notte, Maria Antonietta Manca stava finendo il turno in ospedale dove lavora come infermiera. «Ho saputo che Cisco era morto solo quando sono arrivato a casa». «Cisco era tranquillo, non usava particolari precauzioni, non era preoccupato».

«La sua famiglia è mai stata schierata con la faida?». «No – risponde – non siamo mai stati schierati con la faida. Solo con alcuni non ci parliamo».

Nell’udienza di ieri sono stati sentiti anche i fratelli di Cisco Chessa, Giovanna, Luigi ed Emilia, e tutti hanno spiegato di non sapere nulla della faida all’interno della quale gli inquirenti collocano il delitto Chessa. Né, ricordano a chi si riferivano i fratelli di Cisco, Antonio e Giovanna, quando, in una intercettazione, avevano detto “Se Cisco avesse chiarito con una persona a quest’ora forse sarebbe ancora vivo”».

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